Paper Street intervista Daria Colombo
Un libro sulle donne per le donne, un messaggio di solidarietà che ci invita a farci forza l’un l’altra, a unirci per raggiungere obiettivi comuni, perché l’amicizia femminile è un dono raro, da non lasciarsi sfuggire.
Questo il richiamo che traspare dal libro, ma soprattutto dalle parole di Daria Colombo, scrittrice e giornalista politicamente e socialmente impegnata, una donna forte che parla al cuore del suo interlocutore senza mezze misure, con spontaneità e una semplicità disarmanti. Compagna di vita di Roberto Vecchioni, ha saputo svincolarsi dalla semplicistica immagine di “moglie di” e trovare il proprio spazio nel panorama culturale italiano, con la pubblicazione di due romanzi di successo, Meglio dirselo (Rizzoli, 2010) e Alla nostra età, con la nostra bellezza (Rizzoli, 2015), e in quello politico con la nascita del Movimento dei Girotondi.
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro, dalla trama decisamente realistica, una storia di donne che, contando sul sostegno reciproco, riescono ad affrontare con il sorriso sulle labbra le tante difficoltà della vita? C’è qualche elemento autobiografico, o magari anche tu hai avuto il dono di un’amicizia al femminile così salda e radicata nel tempo?
Ho scritto questo libro perché volevo raccontare una storia sulla forza delle donne, il racconto di un’amicizia vera, un legame indissolubile seguito per quindici anni ma che prosegue anche oltre la narrazione.
Lo spunto è sicuramente autobiografico, non nei fatti narrati quanto nell’idea che ha dato vita a quest’opera: infatti, nei ringraziamenti, ho dedicato questo mio secondo libro a una donna, Annalisa, un’amica conosciuta ai tempi dell’Università, a Padova, una donna molto più grande di me, sposata e madre di tre figli, che ha avuto un ruolo particolarmente importante nella mia vita. Una cosiddetta “studentessa di ritorno”, che ha saputo dimostrarmi, una volta di più, quanto l’amicizia sia fondamentale nelle nostre vite, e quanto l’età anagrafica non conti minimamente, e al contrario possa arricchirci con esperienze condivise.
Il libro ci dona un messaggio positivo e ci spiega come, anche quando si trova in difficoltà, l’essere umano rimanga sempre e comunque legato a valori fondamentali come l’amicizia e la complicità femminile. Nutri ancora fiducia in questo nostro genere umano, così fragile e forte al tempo stesso?
Ogni tanto vacillo anch’io, ascoltando i telegiornali e leggendo i giornali, specialmente alla luce delle ultime stragi di migranti, delle foto di bambini annegati ancor prima di aver vissuto una vita dignitosa che potesse risarcirli di ciò che hanno patito ingiustamente.
Tuttavia il mio ottimismo di base rimane, e mi riconosco appieno in una frase contenuta proprio in Alla nostra età, con la nostra bellezza: “C’è sempre una donna che offre una tazza di tè e tiene sulle spalle il destino del mondo”, ovvero c’è sempre qualcuno pronto a sostenerci, e dobbiamo farlo vicendevolmente.
Io non smetterò mai di ringraziare le mie amiche, che anche nei momenti drammatici della mia vita hanno dimostrato che la solidarietà femminile, anche quando è silenziosa e non viene urlata o sbandierata, esiste.
Visto che si parla di donne, dimmi, ma tu ti senti un po’ femminista? Pensi che questo termine abbia ancora ragione d’essere nel 2015?
Non credo nel femminismo in senso lato perché uomini e donne sono troppo differenti tra loro, sono due mondi che devono trovare un punto d’incontro, ma sempre senza snaturarsi.
Le donne devono avere le stesse possibilità di cui gode il mondo maschile, senza rinunciare alla propria diversità e alla propria femminilità.
In Italia questo è un traguardo ancora lontano, e la crisi di certo non aiuta: nei momenti di difficoltà economiche, nella stragrande maggioranza dei casi è la donna a rinunciare al proprio lavoro e alle proprie ambizioni in favore dell’occupazione del proprio compagno, e questo non è giusto.
A tal proposito, trovi che nella società e nella politica odierna le donne abbiano uno spazio e una libertà adeguate? Hai da sempre dimostrato un forte interesse verso il mondo della politica, l’hai mantenuto inalterato nonostante il caos partitico nel quale stiamo annegando?
Abbiamo ancora molta strada da percorrere e, nonostante le quotidiane bagarre, gli insulti ai quali assistiamo in talk show e programmi tv e tutto il penoso contorno mediatico, io credo ancora nella politica.
Come è stato sottolineato ironicamente in più di un’intervista, sono cresciuta in una famiglia dove, dopo l’omicidio, il delitto peggiore che si potesse commettere era non andare a votare.
La politica la considero un valore profondo, quello che regola la civile convivenza tra i cittadini, per questo imprescindibile dalla nostra esistenza.
La mia vita, e la mia produzione narrativa, seguono due linee direttrici: il sentimento, che muove i legami con le persone care e amate, e il filone politico, quello che determina i rapporti con gli altri, coloro che non conosciamo ancora.
Infatti ho scelto di ambientare il mio romanzo in un periodo storico ben preciso, gli anni dal 1992 al 2007, ovvero dallo scandalo di “Mani Pulite” alla nascita del Partito Democratico, due momenti salienti nella nostra storia, positivi o negativi che siano.
Una domanda estremamente soggettiva: qual è, secondo te, la vera forza delle donne? Oggi ci sentiamo quasi costrette ad essere multitasking, un termine ormai imprescindibile, specialmente per i mass media, ma è davvero così? Abbiamo perso il diritto di “essere stanche”, nascoste dietro una maschera da Wonder Woman che ci è stata cucita addosso, magari involontariamente?
Sono assolutamente d’accordo con questa considerazione, troppo spesso ci sentiamo in trappola, oppresse da una mole eccessiva di responsabilità, ma l’errore è nostro, che non ci sentiamo mai all’altezza. Dobbiamo imparare a rieducarci, e a insegnare alle nostre figlie a volersi bene, a essere multitasking, per usare questo termine, ma senza esagerare.
Hai scelto di ambientare questo tuo romanzo a Milano: com’è cambiata negli anni questa città, quali metamorfosi ha subito? E soprattutto, in bene o in male?
Milano nel corso degli anni è cambiata moltissimo, ha saputo rinnovarsi soprattutto dal punto di vista culturale, ha conquistato una dimensione europea se non mondiale, e non ha nulla da invidiare alle grandi capitali estere.
Potrà sembrare azzardato, ma secondo me sta vivendo una sorta di secondo Rinascimento, di cui sono estremamente felice. L’esempio più eclatante è sicuramente l’Expo 2015, un grande successo nonostante le numerose critiche, e una scommessa da vincere: cosa succederà dopo, che ne sarà dell’area espositiva dopo il 31 ottobre?
Per scrivere Alla nostra età, con la nostra bellezza ti sei ispirata all’opera di qualche scrittore celebre, o magari a qualche libro che ami in particolar modo?
Nessuno in particolare, amo tutta la letteratura, italiana e straniera, dalla Mazzantini a Poe, da Pino Roveredo ai grandi classici del passato. Credo di avere uno stile molto personale, mi piacciono le descrizioni semplici e immediate, in grado di arrivare subito al lettore, tralasciando il lirismo eccessivo che potrebbe privarmi della mia spontaneità, anche sulla carta stampata.
Un’ultima domanda, che ti avranno già fatto mille volte, ma da cui non puoi sottrarti: hai un marito dal nome decisamente impegnativo, ti ha sostenuta durante la stesura del libro? Ha contribuito attivamente alla sua realizzazione, oppure ti soltanto fornito un sostegno affettivo?
(ride) Nella stesura del mio primo romanzo non era intervenuto assolutamente, gli avevo permesso di leggerlo solamente una volta completato, ma stavolta è stato diverso, mi ha sostenuta psicologicamente durante l’intero lavoro, che è stato sicuramente più difficile: quando il primo libro ha successo le aspettative si alzano, e occorre impegnarsi al massimo per non deludere i lettori e, in primis, se stessi.
Ecco come possiamo riassumere questa chiacchierata, e il messaggio di Alla nostra età, con la nostra bellezza: che questa ricercata bellezza sta nelle cose semplici, nella forza della normalità, nelle piccole gioie e negli altrettanto piccoli drammi del vissuto quotidiano; che l’età, soprattutto nell’amicizia al femminile, è qualcosa di totalmente irrilevante; che la parola “amicizia” è il contrario di “solitudine”; che le nuove generazioni hanno subito una profonda delusione politica, ma non per questo devono darsi per vinte; e infine, che la bellezza non è quella esteriore, superficiale ed effimera, ma quella che nasce dall’esperienza, quella che non ha età, insita in ogni donna, che aspetta soltanto di venire fuori.