Le ultime cose scena

Le ultime cose – Irene Dionisio

Vedendo con i propri occhi cosa succedeva in un lager nazista, la cosa che più impressiona sono le cataste di oggetti abbandonati dagli internati. Catturano la nostra attenzione perché sono le prove tangibili di un'umanità perduta per sempre, sono le ultime cose lasciate con la speranza d'essere un giorno recuperate insieme alla vita. Un oggetto può avere un significato molto più grande del suo valore materiale, spesso diventa una parte del nostro essere e abbandonarlo significa lasciare una parte di noi. Togliere a una persona le sue ultime cose significa amputarla di una parte di sé intima. Oggi questa violenza non si compie più nei lager, ma nei banchi dei pegni. Irene Dionisio con il suo film, Le ultime cose presentato alla 73esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e unico film italiano selezionato per la Settimana Internazionale della Critica, esplora il mondo del banco dei pegni.

Le ultime cose locandina

Siamo a Torino, quella che era la città simbolo del boom economico, crollata sotto il peso della crisi economica. In un banco dei pegni sfila un’umanità disperata pronta a separarsi dai suoi oggetti più cari per racimolare qualche euro. Un inventario umano che si snoda negli archivi del banco dei pegni, tra cornici, pellicce, collane, oggetti lasciati con la speranza di tornare a riprenderli. Qui s’intrecciano tre storie, indebitate prima di tutto con la vita.

Sandra (Christina Rosamilia) una giovane trans ha un debito con il suo passato e torna a Torino per fuggire da una storia d'amore finita. Stefano (Fabrizio Falco) perito del banco dei pegni appena assunto, si ritrova a scontrarsi con la dura realtà del lavoro e con i maneggi del suo superiore Sergio (Roberto De Francesco). Infine Michele (Alfonso Santagata) pensionato che per pagare un debito si ritrova in un giro losco di chi fuori dal banco dei pegni cerca di comprare gli oggetti in maniera illegale.

La storia entra in questo mondo d'ingiustizie e diseguaglianze sociali e ci presenta un quadro reale della nostra società, fatto di vite normali affannate dalla ricerca del denaro e attaccate alla dignità di un'esistenza che sembrano aver perduto insieme alle loro ultime cose.

Una necessità sociale ha spinto Irene Dionisio ha raccontare questa storia, legata a cosa significa sentirsi in debito con noi stessi e con gli altri. In più c’è un'esigenza documentaria che trapela nella narrazione e nasce dall'osservazione diretta della realtà del banco dei pegni. Questo regala al film una vena realistica che svela un mondo poco conosciuto, ma vicino alle nostre esistenze.

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