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Highwaymen – L’ultima imboscata

La riscrittura di un racconto epico a partire da un altro punto di vista

Siamo nel 1934 e il regime criminale instaurato da Bonnie e Clyde negli Stati Uniti è all’apice. Nessuno infatti riesce a catturarli e ben tredici poliziotti sono stati uccisi dai due delinquenti. La governatrice del Texas che ha sciolto i Rangers si fa convincere a richiamare uno di loro, Frank Hamer, per dare la caccia ai due banditi in fuga da settimane. Frank, dopo una prima incertezza, decide di mettersi in gioco un’ultima volta. È così che, reclutato l’ex socio Maney Gault e messa su una vera e propria banda, l’investigatore inizia la sua caccia. Bonnie e Clyde. Così, in ordine alfabetico, il nome di lei prima di quello di lui. Vere celebrità, assoluti protagonisti di un’epica che la storia non ha saputo offuscare in nessun modo. Anzi, li ha riconsegnati quasi come eroi, uniti fino alla morte in una storia d’amore che correva parallela, e a volte intrecciata, ai loro pericolosissimi crimini.

pictured L-R: Woody Harrleson ("Maney Gault") and Kevin Costner ("Frank Hamer") in THE HIGHWAYMEN

Una trama già nota, quella di Highwaymen, raccontata da una prospettiva opposta. Di Gangster Story non c’è rimasto nulla: gli unici volti che contano, qui, sono quelli di Kevin Coster e Woody Harrelson, che ci danno la loro interpretazione di due uomini di legge vecchi e demoralizzati in cerca di giustizia in un mondo che non capiscono. Infatti, l’aspetto veramente interessante del film non è tanto l’indagine, il modo in cui i due arrivano finalmente a mettere la mani sui malviventi, ma le implicazioni morali che comportano determinate scelte. Il confronto tra il passato dei due ranger legato al Vecchio West, ricordato con nostalgia come un’era cavalleresca e d’onore, e la società degli anni Trenta, dedita a corruzione e falsi miti, è l’architrave dell’opera. La difficoltà maggiore è capire ed accettare i cambiamenti che stanno avvenendo attorno a loro, quale la fascinazione e mitizzazione proprio dei criminali che inseguono e che sono destinati a fermare.

The-Highwaymen

L’andamento del film è lento e meditativo nonostante si tratti di un film Netflix, solita proporre produzioni caratterizzate da tematiche che possano essere inclini al pubblico giovane. Nei dettagli e nei piccoli gesti di Costner e Harrelson si nascondono le questioni che riguardano quei due protagonisti, segno chiarissimo della fine di qualcosa che riguarda loro, quel momento storico, e forse anche qualcosa che ci riguarda più da vicino. Forse una perdita di direzione nella nostre scelte morali e nei modelli da seguire. Tutto sembra ricondurre ad una corruzione, o meglio di un ammorbamento, dei comuni metri di giudizio a favore di un’etica reazionaria e anti-sistema. La gente che popola queste campagne e città si sentono dalla parte dei malviventi perché anche loro cercano di combattere le banche, simbolo di un potere che li trascura e li sfrutta. E tocca Frank, uomo d’altri tempi, navigare in queste acque in controcorrente. Highwaymen tradisce un’impostazione “classica” che risulta stantia dopo pochi minuti di visione. Non che Costner e Harrelson non funzionino, anzi: molti dei loro dialoghi tengono testa ad altri lavori della scuderia Netflix. Il problema semmai è proprio nella scelta a monte di un regista come John Lee Hancock, e di uno stile fin troppo riflessivo e sobrio che, vista anche la durata di oltre due ore, non invoglierà molti spettatori magari erroneamente richiamati dal mito di Bonnie e Clyde. Una riflessione amara dove i veri protagonisti della storia non hanno volto fino alla fine.

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