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Her Smell

Un'inedita Elizabeth Moss nei panni di una cantante punk pronta a ricomporre il puzzle devastato della propria vita.

Her Smell è un neon sul muro del backstage dietro il palco, quello dove le Something She, gruppo punk rock capitanato da Betty Something (Elizabeth Moss), sta per esibirsi. Il pubblico è in trepidante attesa e le chiama, loro sono all’apice del successo, ma è solo una facciata. In realtà il gruppo è teso come una corda di basso, poiché Betty è in preda a delirio di onnipotenza, dispotica verso le altre componenti e totalmente fuori controllo per via di alcool e droga. Il produttore Howard (Eric Stolz) è succube della situazione, consapevole della popolarità di Betty, e cerca di privilegiare la produzione di una punk band minore affine, ma lei mangia la foglia. Betty finisce in riabilitazione per qualche anno e dopo lo scioglimento delle Something She la ex frontwoman cerca di ricomporre il puzzle devastato della sua vita – amicizie, divorzio, figlia, intenti e prospettive.

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Si rimane di stucco nel vedere quanta anima (e soldi, essendo produttrice) ci ha messo Elizabeth Moss nel confezionare il suo personaggio: una squilibrata incurante di tutto e di tutti, egocentrica all’inverosimile e che si affida ad un presunto santone per prendere decisioni. Ma questa è una scorza atta a proteggere un cuore ferito – a suo dire – da una famiglia assente. Delle volte è difficile stare dietro ai voli pindarici di Betty, complici i movimenti di macchina allineati alla sua volubilità fisica e dialettica. Ma come accade in molte parabole discendenti, l’antieroe ha solo bisogno che venga distrutto il manto esteriore rabbioso – conseguenza di una solitudine traumatica verso la costruzione di un ego smisurato – al fine di dischiudere ciò che sta all’interno.

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Ed ecco che, quando ritroviamo la rock star a casa, sola, persa nella rielaborazione del suo lutto musicale, tutto cambia: il mood è asettico, le inquadrature statiche, il tempo rallentato. Betty si trova in un interlude vuoto e silenzioso, e cerca di tirare le fila della sua vita, a cui solo la ex crew e la sua bambina possono dare una seconda chance; acquisisce un’inaspettata maturità proprio quando, dopo una discografia punk, suona per lei Heaven di Bryan Adams in piano solo, in un’unica ripresa fissa. Da qui, è pronta per la sua rinascita. Alex Ross Perry costruisce un film anticonvenzionale: per la struttura, i tempi delle sequenze, i dialoghi / monologhi fiume, la violenza nei rapporti interpersonali. Ma una volta “nel tunnel”, tutto questo ci permette di percepire l’affetto del regista per la musica suonata, la tensione prima di uscire sul palco, il bello di essere un gruppo, ma anche le conseguenze pericolose di essere osannati.

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