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Pan – Viaggio sull’isola che non c’è – Joe Wright

La prima operazione da fare di fronte a Pan – Viaggio sull’isola che non c’è è dimenticare tutto quello che sapete su Peter Pan. Peter Pan chi? Esatto. La storia davanti a cui ci troviamo è una variante pressoché totale del classico di J.M. Barrie che potrebbe lasciare interdetti i tradizionalisti cultori del bambino che non vuole crescere. La sceneggiatura ha un’imprevedibilità forse legata all'affezione che abbiamo ormai tutti per i personaggi entrati già da tempo nella cultura e nell'immaginario popolare, e ha le sembianze di quei lavori scritti a staffetta tra diversi autori, dove si alternano tipici cliché cinematografici (il bambino in fasce abbandonato davanti alla porta dell’orfanotrofio) a trovate scenograficamente originali (il rapimento dei bambini da parte dei pirati).

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Il racconto parte da Londra, durante la seconda Guerra Mondiale. La città è cupa, claustrofobica, vittima dei bombardamenti. All'interno dell'orfanotrofio si respira un clima dickensiano. Peter, insieme al suo migliore amico Pennino, sopravvive grazie al suo desiderio d’avventura e di ribellione. La direttrice dell’istituto è una malvagia despota che sembra tramare alle spalle degli orfanelli e implicata in uno strano complotto di rapimenti che si paleseranno in una scena altamente coreografica nella quale entrerà in gioco la parte magica e onirica che trasporterà Peter nell'avventura sull'Isola che non c’è.

Descrivere il film è cosa ardua. Gli elementi che lo compongono traggono spunto da molteplici immaginari che si ribaltano e a volte contraddicono come in un sogno: l'arrivo sull'Isola è metafisico, i pesci volano da una sfera d’acqua priva di gravità ad un’altra; il protagonista malvagio è il pirata Barbanera (interpretato da Hugh Jackman) che si presenta sulle note di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana cantato da piccoli e grandi minatori sulla falsa riga del musical Moulin Rouge di Baz Luhrmann; le prime scenografie sembrano ispirate dall'immaginario steampunk videludico giapponese; Uncino è Garrett Hedlund, un giovane prigioniero che diventerà compagno di viaggio; Giglio Tigrato è Rooney Mara, una giovane caucasica bianca con look indonesiani; le sirene hanno tutte il viso di Cara Delevingne e molto altro.

L'epicentro di tutto il racconto è il solito topic cinematografico del predestinato che salverà il popolo ribelle dall'edonistico “voglio la vita eterna” tiranno. La sfida di Peter è il superamento della propria fragilità e della propria insicurezza, il riscatto come figlio abbandonato e come giovane uomo, alla ricerca della propria identità e dell’affetto mancato. Tutto questo caos a suo modo strutturato diventa comunque pretesto, non tanto per rivivere l’avventura del mito, quanto per crearne uno nuovo, puramente cinematografico, che sa divertire e anche sorprendere se si riesce a mantenere quel distaccamento dall'opera originale per la quale comunque si crea l’aspettativa nei confronti di un seguito a cui si ammicca costantemente.

Grazie


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