Neruda still gael garcia bernal

Neruda – Pablo Larraín

Cile 1948, Pablo Neruda (Luis Gnecco), già celebre in tutto il mondo per le sue opere, è costretto a fuggire dal proprio paese quando il neo presidente Gabriel González Videla, tradendo le sue orgini di sinistra, mise fuorilegge il Partito comunista, con il quale il poeta cileno era stato eletto senatore. Al fine di sottrarsi all’ordine di arresto emesso nei suoi confronti, Neruda si nasconde da amici e conoscenti insieme alla seconda moglie, la pittrice Delia del Carril (Mercedes Morán), fino a quando, dopo tredici mesi di latitanza nel proprio paese, riesce a raggiungere l’Argentina grazie ad un’avventurosa traversata delle Ande.

Presentato alla Quinzaine des Realizateurs alla 69esima edizione del Festival di Cannes, Neruda, l’ultimo lungometraggio del regista cileno Pablo Larraín, presentato in anteprima italiana al Biografiilm Festival, parte da avvenimenti storici per poi costruire un racconto che sembra uscito dalla penna del personaggio stesso su cui il film si concentra. Larraín affianca al premio Nobel cileno Oscar Peluchonneau (Gael García Bernal), un detective devoto servitore dello stato, che (in)segue Neruda per la sua intera latitanza in terra cilena. Un personaggio centrale, ma fittizio, inventato, la cui voice-over detta i tempi del racconto, che farà di tutto per non venir relegato ad un ruolo secondario, messo in ombra da una leggenda letteraria che cerca di dare voce ad un popolo intero.

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Abbandonando ben presto i binari del biopic convenzionale, delegato ormai troppo spesso alla mitizzazione e celebrazione di una figura realmente esistita attraverso una meticolosa ricostruzione storica, Larraín si concentra sulle contraddizioni che animavano il poeta cileno, amante delle donne, di qualunque ceto e di qualunque prezzo, posseduto da un ego smisurato, sempre pronto a recitare le sue poesie con la “voce da poeta”, più un artificioso vezzo borghese per allietare le serate tra intellettuali che veicolo per guidare la rivolta popolare. Dall’altra parte, la sua nemesi, un detective frutto della fantasia di Neruda stesso, amante di racconti polizieschi, osserva silenzioso l’uomo, che ammira ossessionatamente, ma che vuole raggiungere, arrestare e umiliare a tutti i costi.

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A fare da sfondo a questa estenuata caccia, la Guerra Fredda e la paura del comunismo, in un paese in cui i militanti vengono imprigionati in campi di concentramento in mezzo al deserto, uno dei quali presieduto dal generale Augusto Pinochet che venticinque anni dopo instaurerà una dittatura militare. Una lettura trasversale del mondo, della società, del senso del potere attraverso un confluire di generi, dal poliziesco al noir esistenziale dal cinema militante al western. Un’atmosfera pervasa da una luce fredda e meccanica (fotografia di Sergio Armstrong, fedele collaboratore di Larraín), che dà libero sfogo al suo artificio mostrando esplicitamente i trasparenti su cui vengono retroproiettate le immagini durante gli inseguimenti in auto. Inseguire le tracce lasciate (volontariamente) da personaggi ossessionati gli uni dagli altri, che cercano di condividere la stessa inquadratura in un “abbraccio” tanto metaforico quanto letterale, i cui stimoli le cui pulsioni, le cui intenzioni sono governate dialetticamente da elementi contrastanti, gli stessi che regolano le fila del racconto cinematografico, all’interno del quale personaggi reali o immaginari assumono la propria dimensione.

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