Lo and Behold
Il mondo connesso visto da Werner Herzog
Presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, il nuovo film del veterano Werner Herzog Lo and Behold: Reveries of the Connected World va ad impreziosire la sezione The Brand New World (dedicata alla rivoluzione informatica) della dodicesima edizione del Biografilm Festival.
Il titolo si riferisce al primo messaggio inviato da computer a computer fra la UCLA e lo Stanford Research Institute (i primi due nodi di Internet) nel 1969 attraverso una sessione Telnet. Leonard Kleinrock, titolare del laboratorio dell’Università di Los Angeles, riuscì tuttavia a trasmettere solo la prima sillaba (Lo) del messaggio (Login). Il film si apre con le immagini della prima e rudimentale apparecchiatura, la sua stazza monolitica, conservata come un reperto archeologico in una piccola stanza dell’università californiana, sulla cui soglia una targhetta tende orgogliosamente a sottolineare come, tra quelle quattro mura, sia nato Internet.
Diviso in dieci capitoli, il film traccia una sorta di linea temporale della storia del World Wide Web e delle nuove tecnologie, trattando argomenti estremamente diversi tra loro, per poi concentrarsi sulle persone che oggi ne studiano i meccanismi e funzioni o che ieri ne hanno segnato la nascita, l’evoluzione e il progresso. Tra robotica e intelligenza artificiale, viaggi interspaziali e cosmologia, ricerche mediche e neuroscienze, dipendenza da videogiochi e danni provocati dalle radiazioni wireless, hacking e cyber-war, origine ed evoluzione, Herzog riflette sul ruolo fondamentale che ormai Internet ricopre nelle nostre vite proiettando immagini di un futuro, non troppo lontano, in cui i computer domineranno le nostre esistenze e gli uomini saranno sostituiti dalle macchine.
Il web si è espanso in maniera esponenziale e continuerà a farlo in maniera incontrollabile, invisibile, diventando un elemento indispensabile dal quale, tuttavia, potremmo venire soggiogati. Affascinato dalla potenzialità che avvolge un mondo fatto di robot e computer, Herzog rifiuta una visione apocalittica con venature puramente utopistiche e fantascientifiche, concentrandosi, invece, sulla sua dimensione poetica ed esistenziale, indicando una via verso un futuro in cui forse Internet sarà capace di sognare se stesso, le macchine avere sentimenti e una morale.
Coinvolgendo gli uomini più importanti del settore tecnologico di oggi, il regista realizza un documento romantico destinato ai posteri, per mezzo del quale, forse, potranno capire, studiare e analizzare la nostra epoca. Reveries, sogni, fantasticherie che segnano il nostro tempo, artifici talmente tanto diversi dalla natura di chi li ha creati dai quali, tuttavia, sarà difficile tracciare un profilo umano, così diversi rispetto alle pitture rupestri attraverso le quali, in maniera nostalgica, l’autore stesso (in Cave of Forgotten Dreams) ha riflettuto sulla vita dell’uomo.