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Mr. Holmes – Il mistero del caso irrisolto – Bill Condon

Che cosa si ottiene se si incrocia una leggenda cinematografica vivente con una figura immortale della letteratura novecentesca e del cinema stesso? Se nel caso specifico si scelgono Ian McKellen e Sherlock Holmes? Un completo disastro.

La cosa più azzeccata dell'ultimo lavoro del regista Bill Condon è sicuramente il titolo del film: Mr. Holmes. Il film gioca, al limite dello snaturamento, sul personaggio di Sherlock Holmes e sulla sua controparte reale. Vita vera e letteratura si scontrano, per dare vita a Mr. Holmes che è sì l'investigatore leggendario, ma qui trattasi del personaggio reale che sta dietro la figura letteraria. Sir Ian McKellen veste i vecchissimi panni di Holmes, un investigatore in pensione e con evidenti problemi di salute che decide di riaprire, sommessamente, il caso che trent'anni prima l'aveva fatto andare in pensione e che, ovviamente, era rimasto irrisolto. Mr. Holmes vive nella sua villa privata insieme a una domestica e suo figlio ed è cosciente della fama di cui il suo nome gode grazie ai romanzi pubblicati dal suo fedele e defunto assistente Watson.

mr holmes ian mckellen

Il punto focale del film è la vecchiaia: per citare Sorrentino, quella malattia che neppure esiste, che appanna proprio quelle capacità per le quali tutti ti osannano. Che cosa succede se Sherlock Holmes non è più acuto come un tempo? Succede, purtroppo, che si è costretti a vedere 104, noiosi e interminabili, minuti in cui McKellen sfoggia tutta la sua abilità di grande attore teatrale. Ma qui siamo al cinema e il regista sembra dimenticarlo. Il ritmo è evidentemente lento e la recitazione precipita spesso nell'eccesso, al punto che alcuni ammiccamenti sono davvero fastidiosi. Sherlock Holmes non esiste, il caso da risolvere viene dimenticato per poi essere recuperato sul finale, Mr. Holmes è un inglese senza spirito e senza ironia. Per di più, tutto quello che quest'uomo avrebbe perso non ci viene mostrato, ma solo raccontato dalle battute dell'attore. Un film deve mostrare: non ci si può affidare solo alle doti attoriali di un mostro sacro, verbalizzando i pensieri. Un film deve mostrare.

È vero che questo Holmes non è quello letterario, e più volte viene specificata la differenza, ma qui McKellen è confinato in un’immobilità da paralitico poco giustificata, se non dalla vecchiaia. Tanto valeva farlo stare su una sedia a rotelle. Sarà una personale “sindrome da The Walking Dead” che fa vedere zombie dovunque, ma questo Holmes è esattamente un morto vivente con qualche lampo di lucidità utile solo a salvare le sue adorate api da uno sterminio di massa.

È questo tutto quello che serve per rendere un film interessante? Non dal mio punto di vista. Mr. Holmes non è l'ombra gloriosa di un investigatore eccezionale, ma un vecchio le cui notevoli capacità sembrano svanite. O peggio ancora: a dar retta a quello che si vede, forse non sono mai esistite.

La regia è morbida, teatrale, spesso prevedibile e plateale. Se si volesse utilizzare un termine di paragone desueto direi che siamo davanti a un film televisivo, nel senso più negativo del termine. E per come stanno le cose oggi, non renderei neppure giustizia a tutti quei capolavori che vengono prodotti per il piccolo schermo. Mr. Holmes ci propone solo un approfondito scavo psicologico nel personaggio che ne esce ammaccato: poco affascinante e poco interessante. Forse non era il caso di avventurarsi nella smitizzazione: funziona solo con personaggi realmente esistiti, come dimostrano operazioni quali The Iron Lady o Il Divo. Sherlock Holmes è un simbolo, non una persona. Non ha bisogno di essere mostrato come un comune essere umano: è una divinità e tale, forse, dovrebbe restare.

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