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La chimera – Sebastiano Vassalli

La chimera è un romanzo storico – ­sociale intenso, ma è soprattutto una storia, quella di Antonia, una storia che inizia il 17 gennaio 1590, quando viene abbandonata ancora in fasce sul torno della Pia Casa di San Michele, a Novara, e viene accolta dalle monache.
Crescendo diventerà bella al punto che nessuno si attenterà ad adottarla, preferendo le ragazze gobbe e storpie che allontanano i maschi e, con loro, i rischi di gravidanze.

Tuttavia, all’età di dieci anni Antonia viene finalmente adottata da una coppia di contadini della Bassa Valsesia e si trasferisce con loro a Zardino, un piccolo borgo nelle campagne novaresi, una vita tranquilla fino all’arrivo del nuovo parroco, Don Teresio: egli pretende decime e offerte e riesce ad abbindolare i contadini ignoranti.
I guai iniziano anche per Antonia, che osa criticare i metodi del nuovo parroco, guadagnandosi una bella scomunica.
Da quel momento, in paese cominciano a diffondersi strane dicerie su di lei: è così bella e non ha ancora il fidanzato, forse è lei la causa di tutte le sventure del paese, come le misteriose morti di animali, l’afasia che colpisce i bambini e le scarse precipitazioni.

Cresce solida l’opinione pubblica secondo cui Antonia non è altro che una strega, e la faccenda finisce direttamente nella mani del Tribunale dell’Inquisizione di Novara, dove inizia il processo alla strega di Zardino.
Dopo esser imprigionata con l’accusa di stregoneria, Antonia resta in carcere un paio di mesi, per poi essere condannata a morte sul rogo il 20 agosto 1610.
Antonia va incontro alla sua morte determinata a non piegarsi alle pressioni e alle violenze subite dai suoi inquisitori e dai suoi carcerieri.
Quando la prima fiamma del rogo si innalza, si sentono già i primi applausi e urla di gioia dei presenti: celebrazione di un macabro trionfo.
Così si dissolve Antonia, silenziosa come è sempre vissuta.

Il titolo di questo romanzo svela in parte il significato più profondo della storia: la chimera diventa questa giovane ragazza che, in nome di estremi ideali religiosi, si trasforma nella mitologica Chimera dalla testa di leone, corpo di capra e coda di serpente, capro espiatorio di una società ignorante, spaventata e influenzabile.

Ma la chimera è anche un sogno, una fantasticheria, un’utopia. Ogni personaggio del racconto ne ha uno: Antonia spera di sposare l’uomo che ama, i suoi genitori immaginano per la figlia un avvenire sereno e tentano di salvarla dall’accusa di stregoneria, Don Teresio vorrebbe parrocchiani fedeli e puntuali nel pagamento delle decime.

Altro tema messo in luce dal romanzo è la pazzia collettiva di un popolo sadico, schiavo della sua bestiale ignoranza. I contadini della bassa vengono contraddistinti dalla semplicità, dalla quale nasce la loro natura facilmente influenzabile da chiunque si mostri più forte di loro: la superstizione ne condiziona il modo di pensare e di agire.
Tutto ciò che fanno è frutto della paura di essere giudicati immorali o addirittura di essere allontanati dalla comunità.

Questo è un capitolo amaro della storia, quando il fenomeno della cosiddetta caccia alle streghe assume proporzioni notevoli, diventando uno dei simboli del fanatismo religioso e dell’intolleranza culturale.

L’antifemminismo religioso impone di fuggire la donna “arma del demonio”, causa prima della nostra perdizione. Sono tollerate la moglie, che assicura la progenie, la madre, che alleva i figli, la tessitrice operosa, la contadina instancabile, la vecchia fidata e silenziosa, la suora murata nella sua clausura: tutte le altre, invece, sono sospette, in particolare le giovani belle che suscitano odio e desideri.

La chimera è un romanzo che trascina nel passato e fa vivere le paure delle donne di quel tempo, permette di conoscere da vicino un’epoca fatta di santi e di peccatori, contrasti e contraddizioni.

La scrittura di Vassalli è raffinata e descrive i paesaggi con grande cura, i personaggi sono presentati in maniera dettagliata, e l’autore ci fa scoprire i loro punti deboli, ci fa capire la loro visione del mondo a seconda della posizione che rivestono nella società.
Egli non espone alcuna critica alle loro vedute, lascia al lettore la possibilità di decidere se condividere i loro punti di vista oppure no, senza influenzarlo.

Soltanto alla fine Vassalli, in una decina di righe, lascia trasparire il suo pensiero, che poi risulta essere il filo conduttore dell’intero romanzo.
Unica pecca, tutto ciò contribuisce a rendere il ritmo lento; talvolta, il libro risulta prolisso, troppo dispersivo su alcuni punti, correndo il rischio di divenire pesante.
Espressioni dialettali e parole latine fanno da corredo, arricchendo il romanzo ma, allo stesso tempo, rendendolo poco scorrevole.

Ad una prima analisi, sembrerebbe che l’autore abbia commesso lo sbaglio di tralasciare la centralità del personaggio di Antonia, alla quale non viene lasciato sufficiente spazio, se non alla fine del romanzo.
Questo perché Vassalli, più che narrare la singola storia della protagonista, ha voluto raccontare un’intera società: Antonia non è altro che il nervo scoperto che fa risaltare la corruzione e la malvagità del tempo.

Nel complesso, un’opera molto ricca: i suoi contenuti suscitano interesse e spingono alla riflessione personale, un’opera corale che diventa affresco di un’epoca.

Grazie


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