io daniel blake loach

Io Daniel Blake – Ken Loach

Reduce da un attacco cardiaco Daniel Blake (Dave Johns), sulla soglia dei sessant’anni, è costretto a lasciare il posto alla falegnameria, dopo che il medico gli ha tassativamente proibito di tornare al suo lavoro di carpentiere. Da questo momento in avanti il protagonista tenterà di ottenere il riconoscimento di invalidità e il seguente sussidio che tuttavia l’assistenza sociale dello Stato continua a negargli, trascinandolo in un iter burocratico paradossale che lo costringe addirittura a cercare un’altra occupazione, mandando curriculum per impieghi che comunque non potrà svolgere a causa dei suoi problemi di salute. In questo girone infernale composto da asettici uffici in cui l’ottusa meccanicità burocratica miete vittime incessantemente, Daniel incontra Katie (Hayley Squires) madre single di due bambini, alla ricerca disperata di lavoro così come di affetto.

L’ultima opera del settantanovenne cineasta britannico Ken Loach Io, Daniel Blake, dopo essere stata presentata in concorso al Festival di Cannes poche settimane fa, aggiudicandosi il premio più ambito, la Palma d’oro, approda al Biografilm Festival nella sezione Biografilm Europa. Un film che riprende e ripercorre quei binari che avevano caratterizzato il cinema di impegno e funzione civile di Loach rendendolo uno degli autori più incisivi nell’intero panorama cinematografico contemporaneo. Disoccupati, emarginati, emigrati, proletari, le figure che popolano il suo cinema, sono personaggi portati alla deriva da un sistema capitalista che vede in loro solamente numeri, funzioni, statistiche, dati da inserire in un computer.

Daniel fa del suo meglio, cercando di destreggiarsi intorno a questa morsa burocratica che lo sta trascinando in una situazione estrema nella quale rischia di perdere tutto quello che aveva ottenuto lavorando una vita intera. Ad accompagnarlo e sostenerlo, sostenendosi a vicenda, Katie, che come il personaggio che dà il titolo al film, non perde mai la speranza, di dare ai figli un futuro migliore, da mangiare la sera o di ritornare a studiare. Uno spaccato su una realtà che ormai coinvolge migliaia di persone a rischio povertà. Persone prima che nomi stampati su un cartellino, come tende sottolineare Daniel nella sua protesta al di fuori l’ufficio di assistenza sociale, così come il regista stesso, che pone il pronome personale prima del nome proprio nel titolo del film.

Tematiche e storie che devono essere raccontate, che non devono solamente commuovere lo spettatore data la tragicità di certe vicende, ma renderlo consapevole di una situazione reale che bisogna smettere di ignorare. «Un altro mondo è possibile» disse Loach durante la premiazione a Cannes, e il suo cinema riesce a dare risalto a storie che vale la pena raccontare, che è necessario raccontare, storie di persone e non di utenti o consumatori.

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