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Il sale della terra – Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado

Tre anni dopo Pina Wim Wenders torna a utilizzare il documentario come strumento di dialogo tra i media e le arti, mettendo il suo cinema al servizio dell’espressività di un altro straordinario artista. Dopo il Teatro Danza della Bausch, è la volta della straordinaria opera fotografica di Sebastião Salgado. Il sale della terra è un viaggio dentro la vita e la carriera del grande fotoreporter brasiliano, testimone straordinario a partire degli anni Settanta di quello che Wenders chiama “il cuore di tenebra” dell’umanità. Un viaggio attraverso le fotografie, che Salgado è chiamato a commentare, e le immagini raccolte da Juliano Ribeiro Salgado, videomaker e documentarista che ha accompagnato il padre in alcuni dei suoi ultimi viaggi.

Filmare un fotografo al lavoro. Utilizzare il cinema per restituire l’essenza dell’opera fotografica di un artista dalla fortissima e riconoscibile estetica. Una sfida che un regista come Wenders, un autore dalla personalità espressiva ugualmente riconoscibile, vince mettendosi al servizio, offrendo un nuovo occhio, organico al discorso, capace di rinnovare e ampliare i significati senza tradire o travolgere. Il sale della terra è quindi prima di tutto uno straordinario saggio di educazione ed ecologia della visione. Nella camera oscura in cui risalta in bianco e nero solo il volto di Salgado emergono le foto della sua vita di viaggiatore attraverso il mondo e i suoi orrori. La prossimità mimetica è assoluta, l’inquadratura di Wenders ha la stessa grana, lo stesso grigio intenso dei ritratti di Salgado.

Rigore e moralità dell’atto di vedere che è il riflesso di quello su cui ha basato tutta la carriera il brasiliano: formatosi come economista, espatriato a Parigi durante la dittatura militare, ha iniziato a lavorare come reporter viaggiando in tutto il mondo, ha riportato serie straordinarie di immagini dall’Africa subsahariana delle carestie (Sahel. L’home en destresse) e dei genocidi, dalla profonda America Latina rurale (Autres Ameriques); ha raccontato la vita degli esuli e dei migranti di tutto il mondo, e quella dei lavoratori nelle condizioni più disparate e disperate (La mano dell’uomo). Una vita passata a entrare in contatto con gli altri esseri umani, a condividere e comprendere attraverso il proprio obiettivo, che ci ha restituito immagini incredibili, dalla vita propria, di un’intensità dolente e umanista, di una sconvolgente vicinanza con le vene scoperte, le contraddizioni, le iniquità e gli orrori dell'esperimento umano.

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