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HannoZero

Breve premessa: quella che seguirà è un’analisi il più possibile apolitica, è un momento delicato per la nostra democrazia e io non mi sento in grado nè in diritto di palesarmi eccessivamente riguardo a ideali politici che reputo soggettivi e in quanto tali non attaccabili (cazzata di circostanza, ma è meglio mettere le mani avanti).

Sei Giorni sette notti su Rai1 l’ho già visto, Profumo anche… La madida e florida Salma Hayek di Bandidas potrebbe essere una valida alternativa, ma penso la affronterò in privato e senza la famiglia attorno e, sinceramente, i feticismi malati di CSI mi hanno stufato, per quelli c’è rotten.com.

Detto francamente, stasera penso sia stata la terza volta che sono riuscito a vedere la tribordomachia made in Santoro dall’inizio alla fine, senza pause pisolino o violente virate sulle cineproposte digitali terrestri. Non l’ho mai fatto perché ho sempre trovato la conduzione del programma eccessivamente faziosa e inadatta a una televisione pubblica se non affiancata da una alternativa di bandiera opposta (certo il Tg1 potrebbe, seppur velatamente, rappresentarla), giusto per coltivare quel concetto di parità che, a mio parere dovrebbe essere portato avanti da una effettiva “tivvùdelpopolo” democratica.

Dopo una carrellata di ossa rotte ammortizzate da esilaranti effetti sonori (il “CROACK!” di un femore polverizzato assume un tocco di malsano e irresistibile humor se sostituito con un goliardico “BOOOING!”) propostami da Paperissima, perfetto per la prima digestione, il dito cala sul 2 (anzi no, devo aver fatto qualcosa di sbagliato nel sintonizzare il decoder perché adesso Rai2 è l’845) giusto in tempo per l’inizio dell’orazione di Santoro in apertura al programma. Come ho già detto non ho intenzione di soffermarmi su aspetti idealistico-politici nel corso di queste righe quindi mi dedicherò a una analisi sulla struttura del programma e su quelli che mi sono sembrati essere i ruoli dei singoli “attori”. Dopo il monologo e una buona dose di pubblicità su Bifidus Regolaris salva intestino e automobili dannatamente eco-chic la scena si apre sulla arena circolare dove il dreamteam Bersani-Di Pietro (più Santoro, più Travaglio) affronta la trasferta Brunetta-Castelli (senza Santoro, senza Travaglio).

Il tema caldo dei 4 quesiti referendari incendia il campo di battaglia. L’alleanza mancina è claudicante innanzi alla nettamente più abile retorica del lato oscuro (sostenuta dalla Durlindana, l’I-Pad di Castelli, protagonista del buon 30% delle inquadrature) ma, palesemente supportata e aiutata (per quanto possibile) dall’opera di “moderazione” di mamma Santoro, la faccia è salva per il momento. Travaglio sorride. Di Pietro emette fonemi sconnessi. Bersani è Bersani, parlotta relativamente bene, fatica a concludere i periodi ma esprime concetti.

Come Alberto da Giussano contro l’invasore, la coppia verdeazzurro mena mazzate e fendenti, lancia dardi contro i molli ventri “democratici” ma il fuoco incrociato delle frecciate del conduttore e delle frequenti standing ovation del pubblico “rosso” fa sembrare la rappresentanza governativa il povero bovino che, all’inizio di Jurassic Park di Spielberg, veniva calato, spaesato e inerme, nella gabbia dei Velociraptor… Muu…

Improvvisamente la luce! Il sole delle Alpi brilla gagliardo nell’opera combinata di “gli altri sono una massa di coglioni” Grillo e “mi sono appena fatto una pista solo che non puoi vedere i baffi bianchi perché sono al telefono” Celentano. Il primo, attaccando indifferentemente Destra e Sinistra, magistrati e politici, SI e NO, alti e bassi (senza voler offendere il sig. Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione) offre all’uditorio l’occasione per unirsi all’unanimità contro un comune nemico (ma i nostri non capiscono un cazzo e continuano a scannarsi su caldi temi quali errori grammaticali e di sintassi e imprecisioni nelle rispettive esposizioni, altri applausi). Il secondo, il Ragazzone della Via Gluck, voleva in realtà fare uno scherzo telefonico ma pigiando a caso i tasti del telefono si è trovato fortuitamente collegato con gli studi Rai.

Banalità.
Banalità.
Demagogia.
Banalità.
I-Pad.
Applausi.

Eh no! Basta con sti cazzo di Applausi! Il Brunettone finalmente realizza di essere seduto nel programma di Santoro e non da Vespa (o in una replica miracolosa dello Sgarbi show), arrossisce, torce il sorriso in una smorfia spavalda e, dissoltasi la nebbia Santoriana (infittita dall’editoriale-quindi-senza-contraddittorio di Travaglio) che gli opprimeva i PDLlici occhietti grigioneri capisce che il vero nemico non è né il farfugliante Di Pietro nè il segretario “Democratico”: è il pubblico urlante, la fossa dei leoni comunisti e scalmanati che vogliono sangue, il suo sangue.

La bolgia urla e applaude, Santoro sbotta, Brunetta risponde e sorride (o forse no, diciamo di si), la sacra alleanza Bersani Di Pietro ne approfitta e lascia che sia il pubblico a fare il lavoro del politico incoraggiandolo con retorici “è vero!”, “proprio così!”, “infatti!”. Castelli, a suo agio e ormai di casa, fa numero.

Il pubblico diventa politico, il politico diventa pubblico (a Santoro Piace), Travaglio accompagna con risate-sfottò a intermittenza (a Santoro Piace), i Cattivi sono i Cattivi e i Buoni… i buoni comunque sia ci sono (a Santoro Piace).
Però! Non male, sembra di essere a casa Orfei e i toni del discorso mi fanno pensare che forse, il tutto, sarebbe apparso ancora più esilarante con, qua e la, qualche “BOOOING!”.

Andrò a votare al referendum ma se mi lasciassi condizionare da quello visto stasera non lo farei. Voterò alle amministrative l’alternativa di Sinistra ma se mi lasciassi condizionare da quello visto stasera non lo farei.
Pagherò il Canone ma…


Grazie


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