fuocoammare

Fuocoammare – Gianfranco Rosi

Se n'è parlato molto in questi giorni, e non poteva essere altrimenti considerando che il film in questione si è aggiudicato l'Orso d’oro all'ultima Berlinale. Abbiamo letto e udito di quanto Fuocoammare abbia avuto poca concorrenza, o di quanto il festival tenda a valorizzare le tematiche sociali e civili dei film in concorso. Vero, forse. Tuttavia, è altresì innegabile che l'ultimo lavoro di Gianfranco Rosi è un grande film diretto da uno dei migliori documentaristi in attività nella nostra penisola che tratta – non come ci si potrebbe aspettare – un tema attuale quanto scottante: l'immigrazione. Forse, a prescindere dagli altri fattori, l'avrebbe meritato comunque quel premio.

Locandina Fuocoammare Oscar 2017 Berlinale

Prima di girare, Rosi ha ricoperto il ruolo di antropologo, trasferendosi a Lampedusa –- luogo in cui ha anche terminato la fase di montaggio -– per studiare a fondo, non solo le problematiche relative all'immigrazione, ma anche e soprattutto lo stile di vita condotto dagli abitanti dell'isola. Per raccontare queste due strade parallele, il regista riprende in parte l’impianto narrativo di Sagro GRA (2013), ossia l'intreccio di più storie ed esperienze personali, con l'intento di mostrare il pensiero collettivo partendo proprio dai piccoli eventi. Questa volta, però, viene meno l'espediente aneddotico in favore di uno spirito più osservativo.

Fuocoammare Oscar 2017

Due strade parallele, si diceva, che faticano a trovare punti d’incontro sia a livello formale che contenutistico, sfuggendo, in questo modo, da ogni filtro retorico. Nella prima troviamo i migranti ammassati e sfiniti negli scafi intercettati dai militari in servizio. Le perquisizioni, i loro racconti tristemente epici, gli sguardi stremati e, inevitabilmente, i morti: ci ritroviamo di fronte a una realtà universalmente conosciuta ma ripresa in maniera del tutto imparziale. Rosi, infatti, non cerca la spettacolarizzazione e la “lacrima facile”, ma sceglie di osservare nascosto in un angolino, riprendendo i protagonisti in maniera estremamente naturale e pacatamente discreta.

Fuocoammare Oscar 2017 Gianfranco Rosi Lampedusa

Nella seconda il regista si affida alla tecnica zavattiniana del “pedinamento”: creare naturalezza attraverso il minimo artificio. Ed ecco alternarsi le storie di Samuele, bambino di nove anni che sostituisce la fionda alle consolle; di sua nonna e dei pescatori del luogo, intenti a svolgere le proprie comuni azioni quotidiane; di Giuseppe, il DJ locale sempre pronto ad alternare dediche d’amore a comunicazioni di servizio; e di Pietro Bartolo, direttore dell'ASL locale, da anni impegnato ad assistere lampedusani e migranti. Figura indimenticabile, quella del dottore, unico vero collante tra le due realtà e protagonista del passaggio, a mio avviso, più riuscito dell'intero film, quello in cui spiega cosa significa svolgere il suo lavoro in quell'isola.

Attraverso la sua neutralità e obiettività, dunque, Fuocoammare riesce a decostruire la realtà che quotidianamente ci arriva da giornalisti e politici, portandoci all'interno dei ritmi di un'isola resa più umana e, per quanto appaia così distante, più vicina a noi.

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