Difret – Il coraggio per cambiare – Zeresenay Berhane Mehari
A dieci anni si pensa a giocare, a venti a sognare, a trenta a costruirsi un futuro. Ma in alcuni posti del mondo queste fasi non vengono rispettate, anzi, vengono brutalmente interrotte da gesti ed azioni abominevoli.
1996. Questa è la storia di Hirut (Tizita Agere), quattordicenne etiope, che al ritorno da scuola viene rapita e violentata dal suo futuro sposo. Hirut riesce a fuggire non prima però di sparare un colpo di fucile contro il suo aggressore. Quella di rapire le ragazze a scopo di matrimonio è un'usanza comune (seppure barbara e incivile) in molti villaggi dell'Etiopia, per questo Hirut sebbene nelle mani della polizia etiope, ha poche possibilità di venire liberata. A sovvertire un triste destino già scritto per la ragazza, giunge Meaza Ashenafi (Meron Getnet), una giovane donna avvocato che tramite l'attività ANDENET da lei co-fondata, offre assistenza legale gratuita a tutte le donne e i bambini vittime di soprusi e ingiustizie. Per Meaza (che nel 2003 è stata insignita del Premio Nobel Africano per il suo impegno a difesa dei diritti delle donne in Etiopia) la battaglia di Hirut diventa la “battaglia simbolo” di tutte quelle donne che non hanno la forza o la possibilità di ribellarsi e reagire.
Difret (questa parola in aramaico significa coraggio ma può anche riferirsi a una vittima di violenza), vincitore di numerosi premi tra cui Premio del Pubblico al Sundance Film Festival del 2014, è un film che parla di libertà in un contesto in cui la libertà stenta a “germogliare” e in cui sono gli uomini ad avere il monopolio su tutto, e nella fattispecie sulle donne. Tratta da una storia vera, la pellicola denuncia il brutale costume locale di sequestrare le bambine a scopo di matrimonio ed evidenzia quanto sia vitale l’intervento di donne e uomini che proteggano coloro che non hanno i mezzi per difendersi dalle ingiustizie di una società barbara e patriarcale, come ancora oggi in alcune zone del continente africano. Difret, di cui Angelina Jolie ha colto le potenzialità e ne è diventata produttrice esecutiva, è un inno alla vita ma soprattutto è un intenso e potente grido di protesta contro l'indifferenza e l'ignoranza (non a caso nel film “l’andare a scuola” diventa l’unico modo per costruirsi un avvenire migliore).
Da un punto di vista tecnico la pellicola non mostra particolari slanci creativi o complessi virtuosismi stilistici, ma la storia è talmente intensa e il messaggio così potente e pregnante che ciò compensa queste mancanze. Anzi il film nella sua semplicità e asciuttezza non fa che catturare l'attenzione dello spettatore che non può che solidarizzare con le due forti e determinate protagoniste. Sicuramente il percorso per ottenere ovunque il riconoscimento dei diritti delle donne è ancora molto lungo ma questo film è un ulteriore passo avanti verso il raggiungimento di questo obiettivo.