Kurt Cobain of Nirvana

Cobain: Montage of Heck – Brett Morgen

Toglietevi dalla testa le parole “documentario definitivo”. Non lo è. Montage of Heck non è un documentario definitivo su Kurt Cobain, leader dei Nirvana; perché andar in profondità, spesso, vuol dire anche tralasciare qualcosa per la smania di voler arrivare in fondo e toccarlo a tutti i costi. O peggio: toccarlo forzatamente, sforzando, appunto, qualcosa che non ne ha mai avuto i presupposti per quel trattamento. Brett Morgen vuole arrivare più in profondità di tutti: ne ha l'opportunità e giustamente la sfrutta, o perlomeno, ci prova seguendo le direttive della figlia, Frances Bean Cobain (produttrice esecutiva del film), ossia di mantenerne l'immagine reale e onesta.

cobain documentario locandina

Il regista del docu-film sui Rolling Stones, Crossfire Hurricane (2012), attinge a piene mani da tutto quel che può: i filmati Super 8 stile “famiglia apparentemente felice del Mulino Bianco a Natale”, i primissimi disegni di Kurt Cobain bambino, materiale che si trasforma e muta via via col tempo divenendo i primi diari, testi, registrazioni e demo. Una riserva sterminata di materiale su Kurt Cobain che fa da struttura portante al lungometraggio che segue l’ordine cronologico degli eventi. La prima parte, con dovizia di particolari, sviscera alcuni punti cardine della sua vita: la sua iperattività sedata col Ritalin – un calmante utilizzato per alleviare la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, la cosiddetta ADHD – ma soprattutto il rapporto coi genitori, diventato difficile e ingestibile, soprattutto dopo la separazione. Non ne escono fuori molto bene i due genitori, e nelle interviste che vanno ad alternarsi ai video di un Kurt adolescente, questa sensazione è in parte confermata dalle dichiarazioni che vanno a sminuire situazioni che, nella mente di un ragazzo sensibile, diventano vere e proprie guerre quotidiane. Mentali e sociali.

Perché dopo la famiglia, l'altra vera battaglia sta all'esterno delle già inospitali mura domestiche: la scuola, il rapporto coi ragazzi della sua età, le prime esperienze sessuali – avvenute con una ragazza con problemi – e il primo tentativo di suicidio che, per uno “scherzo” del destino non va a buon fine. Viene rivelata anche la passione per Over the Edge (Giovani guerrieri), film del 1979 con Matt Dillon che racconta della ribellione di una classe di studenti contro i propri genitori. Tutto combacia con il ragazzino e, dove ovviamente manca il materiale video, lo si crea con una versione – discutibile dal punto di vista della resa e dell'abuso – di un cartone animato. Gli scritti ritrovati e resi pubblici sono animati e montati in maniera frenetica, furiosa. Sono didascalici ma fondamentali per il bene della narrazione, se non fosse per l'utilizzo smodato e quasi ridondante in alcune parti del film.

Le interviste, come detto, sono l'altra parte trainante, e il momento più toccante risiede nelle parole e nello sguardo sincero del primo vero amore di Kurt Cobain, Tracy Marander, che racconta, ancora oggi con gli occhi innamorati, della vita non facile e delle difficoltà economiche dell’epoca di un Kurt alla ricerca di se stesso, sul fronte musicale. Ci si addentra così verso i Nirvana e gli esordi ma in maniera troppo frettolosa ci si ritrova già nel momento di popolarità, quello che più logora. Quindi tocca a Kris Novoselic (bassista dei Nirvana) raccontare frammenti di quei momenti. Manca però Dave Grohl, coinvolto tardivamente (anche se le lavorazioni del documentario sono iniziate nel 2007), a causa dei difficili rapporti tra lo stesso Dave e Courtney Love (moglie del compagno di band) migliorati – apparentemente – solo nell'ultimo periodo. La Love, ingiustamente, lo ha sempre considerato il quinto batterista dei Nirvana, nulla di più. Sullo sfondo, per tutta la durata del lungometraggio, oltre ai brani classici della band, echi acustici e una versione “requiem” di Smells Like Teen Spirit da pelle d'oca.

Nell'ultima parte tocca alla signora Cobain, col suo fare ingombrante ed egocentrico, farsi spazio tra ricordi scomodi, la droga, gli istinti suicidi, gli eccessi di chi quel mondo lo ha sofferto veramente come una malattia che ormai lo aveva contagiato. Si giunge nel profondo voyeurismo, nella camera della coppia con filmati privati, che indugiano anche troppo sui momenti dei due, poi divenuti tre con l’arrivo della piccola Frances Bean. E Morgen, sfrutta tutto, senza farselo dire due volte: anche le immagini di un Cobain strafatto che tende ad addormentarsi durante il primo taglio di capelli della piccola. Un film che esalta l'ordinarietà quotidiana di una rockstar con contenuti fantastici ma che si sbilancia sul rapporto di coppia esaltandone in maniera eccessiva gli istinti suicidi del protagonista – quasi a volerne giustificare la fine che tutti sappiamo. Montage of Heck – che prende il nome da un insieme di registrazioni musicali-sonore del 1988 – pecca così nel voler andar oltre con le interpretazioni dell'uomo Cobain, senza rallentare quando dovrebbe divenendo un collage di emozioni, a tratti profondo, a tratti troppo frettoloso, per essere considerato definitivo.

Kurt Cobain’s “Montage Of Heck” from SpaceEcho on Vimeo.

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