Foto ©Manuela Giusto

La ribellione di Ofelia e Riccardo III

Al teatro Argot va in scena Vestimi bene e poi uccidimi e Richard III

Da un lato c’è la dolce Ofelia, figlia di Polonio, sorella di Laerte, innamorata di Amleto. Dall’altro Riccardo III, il sanguinario duca di Gloucester usurpatore del trono d’Inghilterra. Ofelia è bella e la sua bellezza rispecchia la sua purezza interiore; Riccardo è deforme e la sua deformità è causa o riflesso della sua ferocia. Ofelia è onesta, vittima suo malgrado di una tragedia che imperversa attorno a lei; Riccardo è falso e ipocrita, carnefice di una tragedia che provoca. Ofelia è sottomessa, Riccardo III sottomette con la sua diabolica intelligenza. Mai due personaggi shakespeariani furono così distanti; eppure, nei due spettacoli presentati all’interno dello Shakespeare Re-loaded Festival che esplorano rispettivamente le due figure, un punto in comune c’è: una volontà di sperimentazione che, sia nella drammaturgia (Vestimi bene e poi uccidimi) che nella regia (Richard III, a one-woman show),rappresenta uno slancio verso nuove possibilità di messa in scena, atte a svincolare i personaggi dalla solita cornice shakespeariana e metterli in luce da un punto di vista altro, più originale.

Let her not walk i’ th’ sun

(Amleto, II, II)

Ofelia sembra condannata a esistere all’ombra di Amleto, e non solo. Sempre docile e devota; spiata, giudicata, redarguita, libera solo nella follia. Ora però in Vestimi bene e poi uccidimi, la “rosa di maggio” impedita a sbocciare, grida la sua ribellione da un rettangolo di cellophane perimetrato da fiori secchi. Le Ofelie — due sono infatti, non due anime diverse ma piuttosto l’amplificazione di una stessa voce destinata infine a scindersi — Ksenija Martinovic e Federica D’Angelo, aspettano già in scena, con un fiore in bocca. I loro vestiti sono piegati in ordine su due file, in attesa di essere indossati mentre ripercorreranno i propri ricordi attraverso dei flashback, immaginando un’Ofelia che finalmente ha diritto di replica, di scelta, di morte.

C’è uno studio approfondito sul personaggio, unito alla rielaborazione più personale e alla sensibilità delle due giovani attrici (di cui Ksenija Martinovic è la più brillante) — in questo caso anche drammaturghe e registe (con la supervisione artistica di Marcela Serli) — che contribuisce ad avvicinare Ofelia ai giorni nostri. Se la scrittura è perlopiù incalzante, leggera e scorrevole, a tratti però prende strade meno convincenti che portano a livellare l’esperienza di Ofelia a quella di una ragazza “normale”, forse un effetto voluto, ma che rischia di banalizzarla e toglierle parte della sua aura. Tuttavia, da qui al debutto (lo studio è solo l’anteprima dello spettacolo che debutterà nel 2017 allo Spazio Teatro Idra di Brescia) ci sarà certo il tempo di perfezionare una messinscena più matura e incisiva.

Il giorno successivo, al teatro Argot c’è invece un Riccardo III donna (Emily Carding) ad accogliere un pubblico un po’ spiazzato, posto poi a semicerchio come in un’ipotetica assemblea di Lords. Richard III (a one-woman show), e la regia di Kolbrun Bjort Sigfusdottir ne mette subito in evidenza la solitudine. Scompaiono infatti le circa 57 dramatis personae del Riccardo III, le quali saranno condensate e interpretate proprio dal pubblico stesso con tanto di cartello indicante il proprio ruolo. Vestito come un uomo d’affari della City, Riccardo III ha con sé una pistola, è intasato dai messaggi su whatsapp e legge il suo libro; non ci stupiamo così di vederlo in una veste più contemporanea, come se fosse la rappresentazione di un capitalismo alla deriva che cerca di espandere il proprio impero fatto di cartapesta.  Con gobba finta e camminata zoppa, Carding si muoverà così fra il pubblico – raccontando agilmente in poco più di un’ora le sue nefandezze – interpellandolo o chiamandolo in causa sul palco, anche se questi non potrà far altro che rimanere muto o essere una semplice comparsa di fronte all’incredibile capacità retorica del sovrano o alla perversione a-morale che lo contraddistingue.

Clarence, Lord Hastings, Buckingham e così via, man mano i nemici frapposti fra Riccardo e il trono verranno eliminati con degli stickers con su scritto “dead”, anche se la morte non impedirà di dar vita a uno spettacolo brillante incentrato soprattutto sull’ironia e sul gioco meta-teatrale. È un peccato però che queste tinte decise di humour, ben presenti d’altronde nel Riccardo III, eclissino un po’ la sua essenza più spietata. Pur nella sua interpretazione efficace e sfaccettata, infatti, non crediamo mai fino in fondo alla cattiveria di Riccardo/Carding: forse c’è un’atmosfera fin troppo rilassata, poiché l’approccio dell’attrice non vuole scuotere fino in fondo il pubblico, non lo mette in pericolo o in tensione ma lo accompagna, lo asseconda in un gioco avvincente, energico e originale, anche se si ha l’impressione che il coinvolgimento del pubblico potrebbe trovare una consistenza drammaturgica ancora più di impatto.

Ofelia si ribella al ruolo imposto dalla tradizione, Riccardo III, al suo genere. Vestimi bene e poi uccidimi e Richard III( a one-woman show) sono così due spettacoli che si propongono di far percorrere ai personaggi shakespeariani strade inesplorate verso la contemporaneità, dimostrando come il teatro di Shakespeare possa essere piegato alla nostra realtà dando vita a risvolti sempre inediti che pongono nuove sfide sia in termini di messinscena che di fruizione.

Nella rassegna Shakespeare Re-loaded Festival anche:
• Shylock – Gareth Armstrong | Mauro Parrinello, di Nicola Delnero
• Cry havoc, o alleviare il dolore attraverso Shakespeare – Bedlam Company , di Sarah Curati

Ascolto consigliato

Teatro Argot Studio, Roma – 27 e 28 aprile 2016

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