Foto di scena ©Claudia Gori

La vita raccontata in una sala d’attesa

Codice nero di Riccardo Lanzarone

Tra le piacevoli sorprese teatrali offerte quest’anno dal territorio pugliese c’è il Progetto Mat Teatro, un percorso che prevede corsi di formazione e la programmazione di una stagione – Frontiere – diretto da Riccardo Lanzarone. Una scoperta (ahimè, tardiva) che mi ha consentito di assistere a Codice Nero (produzione Cantieri teatrali Koreja), spettacolo scritto, diretto e interpretato dallo stesso Lanzarone; ma che soprattutto mi ha fatto constatare come l’entusiasmo contagioso del giovane attore-regista siciliano abbia portato risultati (forse) superiori alle più rosee aspettative per la riuscita di tale operazione.

Già, perché il colpo d’occhio offerto dagli spettatori è degno di nota. La sala è completamente piena, e non è cosa scontata se ci si allontana dalla città di Bari, centro nevralgico della distribuzione teatrale della provincia. Ma, ancor più degno di nota, è la quasi totale assenza dei “volti noti” che popolano i teatri di città. Forse, e mi è mancata la partecipazione totale alla rassegna per fornire un dato certo, al Mat sono riusciti ad avvicinare al mondo teatrale un nuovo pubblico, accostabile a quello che Giulio Sonno descriveva in tempi non sospetti in suo articolo relativo allo Studio Uno romano (leggi qui). E non è poco.

Foto di scena ©Claudia Gori

Ma veniamo allo spettacolo. Sul palco, tra un dipinto della Santa Vergine e un lettino d’ospedale, agisce Salvatore Geraci (Lanzarone), ex artificiere siciliano in costante dialogo, appunto, con la fede e i medici. Alle sue spalle, relegato in un angolino, troviamo Giorgio Distante, accompagnatore musicale che, con tromba e suoni sintetici creati al pc, scandisce i momenti chiave di una pièce di difficile inquadramento per la sua capacità di risultare facilmente fraintendibile a livello contenutistico, e per la vorticosa e costante frammentarietà che consente di passare dal faceto al tragico in un batter di ciglia.

Foto di scena ©Claudia Gori

«Tocca a me?» Chiede costantemente il paziente/protagonista alle prese con l’infinita attesa in una sala ospedaliera. Una situazione snervante, che tutti bene o male abbiamo provato nella nostra vita, rimanendo spesso indignati e sconvolti dalla carenza del nostro sistema sanitario. Ma quello che nello spettacolo, generalizzando, potrebbe essere equivocato come l’ennesimo caso di malasanità culminato con un codice nero – “colore” attribuito dal pronto soccorso ai deceduti – in realtà diventa un percorso interiore in cui si analizza il fato, la comprensione e, soprattutto, l’importanza dell’attesa, intesa come riflessione.

In effetti, in momenti del genere, se da un lato il corpo rimane immobile, dall’altro la mente, mai doma, è in costante movimento. Ed ecco che i ricordi, le paure e le speranze del versatile protagonista prendono vita sul palco. Si procede andando avanti e indietro nel tempo, ricreando un’intera esistenza fatta di fascinazioni, amori, rabbia, sensi di abbandono, preparativi, dialoghi paterni o colloqui con un saccente e altezzoso dottore, che solo una ponderata analisi unita a una buona dose di esperienza personale trasformerà in incolpevole capro espiatorio di un sistema con enormi falle.

Foto di scena ©Claudia Gori

Un flashback esistenziale giocato sui contrasti e sul dinamismo attoriale di Lanzarone, che ci mostra la vita, nuda e cruda e ci invita a non disprezzare i momenti in cui siamo costretti a riflettere. Perché, fermo restando che i lungi tempi ospedalieri sarebbero da rimuovere, è altresì vero che in questo mondo frenetico occorrerebbe fermarci un attimo per conoscere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda. 
 

Ascolto consigliato

Mat Laboratorio Urbano, Terlizzi (BA) – 17 aprile 2016

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