Foto di scena ©Irena Vodakova

Obludarium – The Forman Brothers’ Theatre

Salendo su per una delle tante vie che portano in Piazza Duomo, la piazza principale di Pistoia, il tendone dei fratelli Petr e Matěj Forman [figli del grande cineasta Miloš, regista di Amadeus o Qualcuno volò sul nido del cuculo, ndR] non si vede nemmeno. A poco a poco, però, lo chapiteau farà capolino mostrandosi come un piccolo colorato carillon accanto alla torre campanaria che da mesi segna le nove e mezza (almeno secondo Giuliano Mannelli, storico addetto alla carica dell’orologio campanario ormai in pensione). Strana coincidenza – viene da pensare – perché Obludarium, lo spettacolo di una delle più importanti compagnie del mondo di circo contemporaneo e teatro di figura, sembra funzionare proprio come quell’orologio: un meccanismo manuale da mettere in moto per far (ri)suonare un tempo perduto. È “solo” il primo coup de théâtre con cui si apre la stagione teatrale del Funaro Centro Culturale – per l’occasione in collaborazione con l’Associazione Teatrale Pistoiese e il Comune – e il percorso verso una struttura circense evocativa come una madeleine.

La fila per varcare la soglia è lunga e c’è molta curiosità: desiderio di scoprire gli arcani di una stranezza che sembra arrivata in città da un altro pianeta. Prima di entrare occorre passare da una roulotte dai forti sapori di cibo consumato e da un uomo – forse “l’homme sauvage” come scritto all’esterno – avvolto in una penombra tra la vita e la morte. Un piccolo teatro in miniatura, dunque, introduce lo spettatore dentro quella che sempre di più sembra una boîte à musique, un ricordo antico creato dalla maestria di orologiai.

Una moltitudine di sonorità straniere: voci – inglese, francese, ceco, italiano – e musiche – ritmi tzigani meticci e popolari – creano una nuova lingua magica che illumina le figure poetiche di un mondo di freak dal fascino infantile e fantastico. Non a casp questo spettacolo inaugura anche la seconda edizione del progetto Infanzia e città promosso dal Comune di Pistoia. I bambini, infatti, inizialmente intimoriti dalle strane figure e dalla semioscurità, sono stati i primi a prendere confidenza con un gioco leggero come una bolla di sapone: “Riborda!” – ovvero “Di nuovo” – si sente esclamare in tipico dialetto toscano dalla prima fila quando il lanciatore di coltelli dà una nuova prova della sua maestria sul corpo della fanciulla amata da Pierrot.

Creature fantastiche nelle quali immergersi e dissimulare: il grosso uomo barbuto dalla forza di un leone capace di tirare un peso di ferro fin sopra di sé perché vuoto; la donna animale tenuta in gabbia e con la voce da usignolo; quattro ballerini che da protagonisti di un musical diventano poi oggetti di una scommessa; tre corpi umani con la testa e il volto di cartapesta che, con le loro sproporzioni mute ed empatiche, pensano solo a svignarsela e a non mostrarsi.

Tutto sembra un flusso di (in)coscienza poetica che cerca e trova forme impreviste e improvvise dalla carica sovversiva, come lo stesso sistema elettrico dello spettacolo: la luce dipenderà anche dalla (e)mozione del pubblico. Il paese senza fissa dimora dei Fratelli Forman sembra allora popolato da falene che sorvolano Obludarium o che lo ammirano da sedute. Sembra durare quanto un battito d’ali questo legame dove la parola “fine” è festosa come la meravilia che prosegue all’esterno e dove tornano alla mente le parole del Signor Mannelli: “L’orologio ha una lancetta sola, la seconda non esiste, è solo il prolungamento dell’altra”.

Coup de théâtre.

Grazie


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