Money Monster – L’altra faccia del denaro – Jodie Foster
L'ossessione per il guadagno e la dipendenza dai media sono i due temi affrontati da Jodie Foster nel suo nuovo film, Money Monster, che segna il ritorno dell'attrice dietro alla macchina da presa a cinque anni dal precedente Mr. Beaver. Prodotto dalla coppia George Clooney/Grant Heslov (garanzia di prodotti intelligenti e trasversali), si tratta di un'opera impostata come un thriller, ma i cui fini si estendono ben oltre il genere.
A seguito del crollo azionario di una grossa compagnia, durante la diretta della trasmissione tv finanziaria Money Monster un ragazzo, Kyle, irrompe negli studi. Armato di pistola ed esplosivo prende in ostaggio il conduttore dello show Lee (George Clooney), esigendo spiegazioni sull'accaduto e costringendo la troupe a mantenere la diretta, mentre la regista Patty (Julia Roberts) da dietro le quinte cerca di aiutare Lee e contattare la polizia. Andando poi a rintracciare l’amministratore della compagnia, verranno fuori scomode verità.
Lo strato più superficiale del film mostra un buon thriller claustrofobico di matrice terroristica; senza dubbio la Foster è in grado di orchestrare dinamiche, inquadrature e dialoghi per imbastire un climax decente. Paradossalmente questo è il lato meno interessante del film; perché è la direzione in cui si muove dopo che ne dimostra l’originalità. Dopo che i primi momenti di terrore si consumano, i confini del genere cinematografico si fanno labili e i ruoli dei personaggi mutano. Presto non ci si rende più conto se il villain è davvero quello o c'è qualcun altro da incolpare. Questo perché l'attentatore è un ragazzo qualsiasi, che apparentemente si impegna al massimo per far andar bene la sua vita, è semplicemente disperato per quanto accaduto ai suoi soldi. Lee Gates è uno showman doppia-faccia: dispensa consigli sugli investimenti in modo aggressivo e sarcastico, ma ha a cuore l'incolumità di un ragazzo armato e vittima del trading online. Mentre la regista Patty è una donna dal sangue freddo e pragmatica, ma che pensa alla migliore inquadratura anche nei momenti peggiori.
Proprio quest’ultimo aspetto dà il la per una (ennesima) riflessione/critica sul condizionamento umano verso i media (emblematica la scena in cui alcuni fan rifanno il balletto di Lee in un momento terribile). Essi assurgono a modelli di comportamento (generando la smania per il guadagno), di insegnamento (Kyle ha seguito il consiglio di Lee di investire) e di intrattenimento, talvolta fondendo questi tre scopi e destabilizzando chi ne fruisce. Inoltre, impediscono ogni contatto emotivo: ecco perché quando Lee chiede un piccolo gesto ai suoi spettatori per salvarlo, non viene ascoltato; ed ecco perché egli si affeziona a Kyle solo quando ci dialoga faccia a faccia.
Nel mondo di Kyle e Lee è facile restare imbrigliati in un sistema che domina e in cui imperversa la cattiva informazione; la verità assume di volta in volta maschere differenti e a volte, come dimostra questa vicenda, sono necessari atti estremi per scoprirla.