educazione siberiana

Educazione siberiana – Gabriele Salvatores

Gabriele Salvatores porta sul grande schermo il libro di Nicolai Lilin Educazione siberiana. Dopo Sorrentino e Tornatore un altro grande autore del nostro cinema trova spazio e sostanze produttive in un più ampio contesto europeo, girando in lingua inglese e ricreando in Lituania la Transnistria, regione contesa tra Russia e Moldavia dove il governo sovietico deportò intere comunità criminali nel corso del secondo dopoguerra.

Lì crescono Kolima e Gagarin, a fine anni Ottanta giovanissimi “onesti criminali” Siberiani, educati all’ancestrale codice guerriero da Nonno Kuzja (John Malkovich), ultimo portavoce di un mondo antico e in sparizione, religioso e puramente antagonista, comunitario, rigidamente codificato, anticapitalista e malinconicamente legato alla natura materna e lontana delle gelide steppe siberiane. Ma con il vecchio mondo travolto dal crollo del Comunismo i due protagonisti si ritroveranno cresciuti e separati come un Aljosha e un Ivan Karamazov, Kolima ancora legato al codice dei padri e Gagarin alfiere del nichilismo (capitalista) del “tutto è permesso” di dostoevskijana memoria.

Salvatores parte dall’autobiografia di un immaginario e vi aderisce portando il suo amore per la grande letteratura e il grande cinema russo, conducendo lo spettatore con talento visivo indiscusso, aiutato da un lavoro di scenografia notevole, ad assaporare l’atmosfera di rivolgimento in cui i giovani e i vecchi si trovano in rapporto critico verso un mondo che non è più il loro e sempre meno lo sarà. Si assapora il respiro epico delle grandi storie grazie a una scrittura mai banale, affidata a sceneggiatori di livello indiscusso come Rulli e Petraglia, in piena consonanza con le profonde tematiche del testo di partenza.

La struttura narrativa piega la cronologia in maniera creativa, alternando tre distinti piani spazio-temporali: l’infanzia e l’educazione dei giovani nel villaggio ancora sotto il regime sovietico; la vita dei protagonisti adolescenti quando intorno a loro si fa strada un Occidente carico di promesse – qui si colloca il nucleo emotivo e simbolico del film, la meravigliosa sequenza della giostra che in una gelida piazza di anonima architettura sovietica porta la musica di David Bowie (Absolute Beginners) come il miraggio di una felicità possibile –; la drammatica, e splendidamente girata in un altrove violento, resa dei conti finale tra i due “fratelli”.

Il casting scova due giovani esordienti lituani come protagonisti, cavandone interpretazioni ineccepibili, e affida al carisma indiscusso di John Malkovich il ruolo chiave del vecchio maestro, la cui importanza, ricorda Salvatores, è quella di dare la possibilità ai giovani di scegliere, o di costruirsi, una visione del mondo, perché è sempre «meglio un cattivo maestro che nessun maestro».

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