La Mue/tte Les Folles. Foto di scena ©La Mue/tte

Che figura fa il teatro Impertinente?

Il festival delle Briciole tra geni, desaparecidos ed emicranie

Tra opinionisti e influencer, fake news (cioè bufale) e post-verità, social network pilotati e canali televisivi politicizzati, viviamo ormai in un perenne stato di propaganda. Gli angolofoni la chiamano attention economy. Ascolta me, no ascolta me. Io la so più lunga, no la so più lunga io. Mamma ciccio mi tocca, toccami ciccio. Tutti lì a vendersi come meloni e prosciutti sul banco dell’attenzione, anzi, della distrazione popolare—e, questo il bello, senza fare assolutamente nulla se non montar su castelli di parole. Ché poi vàlle a verificare. Un tempo si sarebbe fatto appello alla creanza, ma oggi questa molle indolenza non sorprende più nessuno, anzi, la desiderano un po’ tutti. Lontani i tempi in cui Orazio scriveva:

Tanto frivolo, tanto piccolo è ciò che abbatte e risolleva l’animo avido di lode.

– Epistole (20 a.C.)

Renaud Hebin Milieu. Foto ©Giulio Sonno

Renaud Herbin Milieu. Foto ©Giulio Sonno

Sono parole piatte, superficiali, che non a caso vanno a braccetto con il crescente spopolare, bidimensionale, delle immagini. Assistiamo infatti, tutt’altro che innocenti, a una perdita esponenziale di profondità: corriamo veloci, voraci, chi si ferma è perduto, tutto uguale, tutto volatile. Manchiamo di presenza—in primis a noi stessi. Proprio per questo, ci sembra, il mondo del teatro di figura può rappresentare oggi un importante argine a tale deriva. Può, meglio sarebbe dire potrebbe, vista la pressoché totale disattenzione del sistema teatrale italiano (e non solo), che o lo ignora completamente o lo circostanzia a quella cosuccia colorata un po’ rétro per i bambini. Cerchiamo di capire perché non sia così.

Unterwasser Out. ©Ounterwasser

Unterwasser Out. ©Unterwasser

Andiamo a Parma. La Parma guidata dall’ex M5S Pizzarotti; la Parma insignita Capitale della Cultura 2020; quella stessa Parma che il 4 marzo ha votato – per oltre un terzo – un Centro-Destra fortemente Leghista (che incassa il doppio delle preferenze di Forza Italia). Una Parma che, tra sicurezza e decoro urbano, leccornie gastronomiche e gioielli ducali, sembra stringersi forte alle sue tradizioni sbiadendo il ricordo di quello strenuo antifascismo che la distinse già negli Anni Venti.

Teatro al Parco, Parma. ©Comune di Parma

Teatro al Parco, Parma. ©Comune di Parma

Ma se ci spostiamo «di là dall’acqua», come dicono i Parmigiani, nel quadrante d’Oltretorrente, proprio lì dove nel ’22 si alzarono le barricate contro Balbo, ecco farcisi incontro un curioso pantheon delle diverse anime della città. Stiamo parlando del Teatro al Parco. Incastonato nei giardini cinquecenteschi di Palazzo Ducale, costruito in tarda epoca fascista secondo le tipiche geometrie razionaliste, questo ex padiglione fieristico oggi piccolo grande tempietto dello spettacolo è diventato ormai sinonimo di Teatro delle Briciole (1976), la storica compagnia che nell’81 ha fondato il primo Centro Stabile Teatro Ragazzi e Giovani in Italia e che qui si è trasferita nell’87 dando vita a centinaia di spettacoli, progetti e rassegne.

Due sale di spettacolo, una sala prove, un laboratorio scenotecnico, l’arena estiva. Le Briciole con il loro teatro pensano alla formazione della polis e di una “cittadinanza” consapevole.

Mario BianchiAtlante del teatro ragazzi in Italia (2009)

Logo ©Teatro delle Briciole

Logo ©Teatro delle Briciole

Nel 2003 due dei fondatori, Bercini e Allegri, fuoriusciranno per formare Cà Luogo d’Arte; nel 2007, poi, il Centro diventerà Fondazione in collaborazione con Solares; e dal 2015, in seguito alla riforma del FUS, verrà riconosciuto Centro di produzione dal MiBACT.

Qui, lo scorso marzo, il Teatro delle Briciole (oggi diretto da Flavia Armenzoni e Alessandra Belledi) ha inaugurato la V edizione del festival di teatro di figura Impertinente.

Locandina V ed. Festival Impertinente. ©Teatro delle Briciole

Locandina V ed. Festival Impertinente. ©Teatro delle Briciole

Ad aprire la rassegna è Les Folles della compagnia franco-argentina La Mue/tte. Uno spettacolo per adulti su quello che di fatto è stato un genocidio generazionale: la Guerra sucia argentina, ovvero la storia dei 30.000 – presunti sovversivi – desaparecidos. E qui torniamo al punto di partenza.

«Guerra sporca», «scomparsi», «sovversivi»: le parole possono edulcorare i fatti, eluderli, camuffarli per ritradurli nella verità desiderata; ma la realtà, cruda e immediata, una volta che ci appare alla vista è assai difficile da ritrattare. Ci si dimentica spesso che la verità è un atto di fede: «vero» infatti sta per – etimologicamente parlando – ciò cui si vuole/decide di credere; «reale» invece sta per la cosalità, per ciò che c’è, che è direttamente osservabile.

La Mue/tte Les folles. Esposizione. Foto ©Giulio Sonno

La Mue/tte Les folles. Esposizione. Foto ©Giulio Sonno

E ne Le Folles cosa c’è? Una vecchina, tutta curva sul suo ricamo, la mano trema, lo sguardo è appannato, ma più che la forza a mancare è qualcos’altro in questa piccola stanza, immaginata tra una tenda sulla destra, un tavolo al centro e una macchina da cucire con giradischi sulla sinistra. Manca la gioventù. Ma perché? perché si è vecchi? Quello che inizialmente poteva sembrare un dolce quadro di solitudine senile lascerà poco a poco riaffiorare i fatti nascosti dietro le parole vuote di Videla che risuonano dalla radio; e così filo dopo filo sulla stoffa tesa del tamburo da ricamo emergerà un volto scomparso, e poi un altro dalla tenda, e un altro ancora.

Questa assonanza spagnola di hilos [fili] e hijos [figli] – involontaria, ci confessano gli artisti – rimmaglia quei vuoti strappati, a colpi di silenzio, nella coscienza collettiva argentina e introduce la presenza pacifica e indomita delle Madres e Abuelas de Plaza de Mayo (le donne che nella primavera del ’77 cominceranno a manifestare) attraverso un minuto mélange di forme diverse del teatro di figura che spaziano dalla maschera al pupazzo, dalle ombre alle diapositive.

La Mue/tte Les Folles. Foto di scena ©La Mue/tte

La Mue/tte Les Folles. Foto di scena ©La Mue/tte

È proprio l’abdicazione alla parola in favore dell’indiscutibile materialità degli oggetti a restituire qui l’evidenza dei tragici fatti. La «sparizione» di allora, operata con l’arroganza del silenzio e l’ipocrisia della retorica, viene totalmente ribaltata in scena dall’eloquenza muta del teatro di figura, ribadendone ancora una volta tutto il potenziale espressivo, ben altro che divertente o consolatorio.

La Mue/tte Les Folles. Foto di scena ©La Mue/tte

La Mue/tte Les Folles. Foto di scena ©La Mue/tte

A seguire questa prima metà, un intervallo espositivo, in foyer, con foto d’epoca impreziosite da ricami colorati che rivitalizzano l’apparente distanza del bianco e nero, per poi proseguire, nuovamente in sala, con una seconda parte più dettagliata nella documentazione storica, che pur ricorrendo sempre a forme performativo-figurative (compresa la musica dal vivo e espedienti illusionistici) perde di evocatività cedendo il passo alla necessità di ribadire numeri, date, parole.

La Mue/tte Les folles. Esposizione. Foto ©Giulio Sonno

La Mue/tte Les folles. Esposizione. Foto ©Giulio Sonno

La seconda giornata si apre con una traversata in centro storico. Un nutrito manipolo di bambini insegue un uomo bardato di tutto punto: corazza scintillante, spada, scudo, elmo al fianco, mantello, è un nobile, un paladinoI bambini lo osservano con meraviglia, ne scrutano i gesti autorevoli, lo credono vivo e lo seguono. È Ranuccio Farnese, duca del XVI secolo, cammina per Via Melloni, a pochi passi dalla Pilotta e da quell’incantevole Teatro Farnese che proprio egli fece costruire, esce fuori dalla bottega artigiana che lo ha partorito. Per due settimane infatti il festival e la città hanno accolto Mimmo Cuticchio, probabilmente il più noto artista italiano di teatro di figura a livello internazionale, insieme alla sua famiglia per dar vita a un laboratorio di pupi siciliani, alla maniera del suo storico teatrino, a Palermo, in Via Bara dell’Olivella.

Mimmo Cuticchio e Ranuccio Farnese. Foto ©Giulio Sonno

Mimmo Cuticchio e Ranuccio Farnese. Foto ©Giulio Sonno

Cuticchio dà voce e movimento al duca parmigiano, improvvisa con agio, e pian piano accompagna i bambini al vicino Castello dei Burattini, per consegnare simbolicamente alla città il loro padre nobile e riporlo in una teca del Museo (intitolato al burattinaio Giordano Ferrari) affinché rinnovino il legame con questa ricca tradizione. Più tardi, la sera, andrà in scena al Teatro al Parco con il suo Aladino di tutti i colori di fronte a una gremita platea che lo applaudirà con l’euforia che si riserva alle star, per concludere infine con tanto di autografi e foto accanto al Genio della lampada in carne e ossa e ai suoi pupi.

Mimmo Cuticchio Aladino di tutti i colori. ©Ass.ne Figli d'arte Cuticchio

Mimmo Cuticchio Aladino di tutti i colori. ©Ass.ne Figli d’arte Cuticchio

Sono le undici passate, ma il festival prosegue nell’altra sala e l’ora e la stanchezza si rivelano, paradossalmente, propedeutiche. Ad andare in scena è un terribile malditesta. Un’ «emicrania con aura» per essere precisi, quel tipo di emicrania che non si accontenta di pulsare nella testa, tra nausee e spossamenti, ma àltera la consueta percezione della realtà circostante: porzioni della vista si oscurano o lampeggiano, gli oggetti si deformano, le parole non riescono ad articolarsi, il corpo non risponde propriamente e si entra in una percezione altra.

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Sono visioni brune quelle in cui ci immerge la compagnia toscana Riserva Canini con Il mio compleanno (nutritosi delle riflessioni del neurologo O. Sacks in Emicrania), scivolano su un’ampia lavagna luminosa al centro della scena, pellicole acetate dalle forme irregolari, immagini dalle linee incerte, dalle prospettive dilatate: scorrono sotto l’occhio di luce che le proietterà sullo schermo davanti alla platea, accelerando e frenando per dar un ritmo cinematografico a questa non-narrazione.

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

La voce fuori campo che le accompagna si fa ossessione interiore, è una parola svuotata, smottantetentativo vano di dare ordine a questo caos che mescola reale e surreale senza dar tregua; e a contrappuntarne la vertigine mentale, sulla sinistra, una vera e propria postazione da rumorista (Stefano De Ponti) che amplifica l’errabondare del pensiero tra perforanti tintinni di calici e distorte vibrazioni di molle metalliche.

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

I quadri originali di Marco Ferro ricordano le illustrazioni di Kubin, di Gorey, di Topor, le ambientazioni riecheggiano le atmosfere letterarie di Poe, di Kafka, di Bioy Casares, di Peake, di Auster, nonché molto cinema contemporaneo come Lynch, CronenbergAllucinazione perversaPi grecoDonnie Darko, Memento, insomma, con Il mio compleanno rivive una ricchissima tradizione novecentesca ultimamente trascurata, che anziché attaccarsi al dato iperralistico della contemporaneità (i cosiddetti temi sociali) sprofonda nell’interiorità disorientata dell’homo modernus cogliendolo nella sua incapacità esistenziale di distinguere la propria psicosi personale dalle mistificazioni di un mondo elusivo.

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Riserva Canini Il mio compleanno. ©Riserva Canini

Due rapide osservazioni. Se l’immaginario di riferimento, qui frettolosamente accennato, denota sicuramente una felice autonomia artistica dalle mode del momento, a tratti il lavoro fatica a smarcarsi dalle sue ispirazioni, riuscendo solo parzialmente a tradurre quella sensibilità estetica nei nostri giorni, col rischio di smussarne l’incisività. In secondo luogo, una certa lunghezza e alcune distrazioni sceniche (la postazione rumoristica a vista, il ricorso isolato a giochi d’ombre, lo stacco al microfono), seppur comprensibili (pur danno respiro), ne minano la compattezza, sfocando l’affascinante trappola di questo viaggio perturbante. Lo spettacolo, ad ogni modo, è alla sua seconda apertura pubblica, e non c’è dubbio che nuove repliche aiuteranno a compiere quei necessari giri di vite.

Jacques Lipchtiz Terrified one (1936). ©Lipchtiz

Jacques Lipchtiz Terrified one (1936). ©Lipchtiz

Insomma. Come già raccontato su queste pagine lo scorso autunno, a proposito del Festival mondial des théâtres de marionnettes di Charlevilleanche a Parma il teatro di figura conferma la sua capacità, tutt’altro che obsoleta, di stabilire con il pubblico un legame più diretto, viscerale, che non concede facili interpretazioni ma, al contrario, sollecita a interrogare la parte più profonda dell’umano, quella parte che non può e non vuole accontentarsi di una verità illusoria fatta solo di parole.

Ascolto consigliato

Letture consigliate
Una giornata al Festival Impertinente a Parma, di Mario Bianchi (Eolo)
• Mimmo Cuticchio e i paladini di Parma, intervista a cura di Francesca De Sanctis (Il Manifesto)

Parma – 23 e 24 marzo 2018

LES FOLLES

conception, construction, mise en scène Delphine Bardot, Santiago Moreno
musique et dispositif sonore Santiago Moreno
costume et construction Daniel Trento
construction et broderie Lucie Cunningham
création lumière Phil Colin
broderies 1BMA et CAP Broderie (16/17) Lycée Lapie

POINT DE CROIX

jeu Delphine Bardot
regard extérieur Nicole Mossoux
regard complice Amélie Patard

SILENCIO ES SALUD

jeu Santiago Moreno
regard extérieur Jacopo Faravelli
regard magique Benoit Dattez

coproduction
TGP – S.C pour les arts de la marionnette de Frouard (54)
CCAM – S.N Vandoeuvre-les-Nancy
La Méridienne – S.C pour les Ecritures croisées de Lunéville
Le Passage – Scène Conventionnée Théâtre et Objets de Fécamp (76)
Espace Jean Vilar, Ifs 14
La Manufacture – CDN de Nancy
Transversales – S.C de Verdun

avec le soutien de
Festival Mondial des Théâtres de marionnettes de Charleville-Mézières (08), Le Mouffetard – Théâtre de la Marionnette de Paris, Espace Bernard Marie Koltes – Scène Conventionnée écritures théâtrales contemporaines de Metz (57), Le Nest – CDN de Thionville (57), LEM à Nancy (54), Festival Récidives – Dives sur Mer (14), La Muda – centre culturel à Buenos Aires (Argentine), Lycée Lapie à Lunéville (54)

Ce spectacle a bénéficié de l’aide à la création de la Région Grand-Est, de l’aide à la production dramatique de la DRAC Grand Est et du soutien de la Ville de Nancy.

IL MIO COMPLEANNO

con Marco Ferro e Stefano De Ponti
immaginato e creato da Marco Ferro
con la complicità di Valeria Sacco
disegno del suono a cura di Stefano De Ponti

produzione Riserva Canini e Campsirago Residenza
col sostegno di Festival Teatro tra le Generazioni (Castelfiorentino), Festival Impertinente (Parma), AstiTeatro-Spazio Kor, Straligut (Siena)

Grazie


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