MANCHESTER, UNITED KINGDOM - APRIL 23: Manchester United striker Eric Cantona reacts during an FA Premier League match between Manchester United and Manchester City at Old Trafford on April 23, 1993 in Manchester, England, United won the game 2-0 with both goals scored by Cantona.  (Photo by Anton Want/Allsport/Getty Images)

Cantona. Come è diventato leggenda – Daniele Manusia

Daniele Manusia è una delle scoperte migliori che possa fare un appassionato lettore di calcio e di sport in generale. La sua attività di scrittore sportivo on-line per Vice Magazine (dove cura la splendida rubrica “Stili di gioco”) e L’ultimo uomo lo colloca in una ristretta quanto preziosa nicchia di firme sportive italiane che non si accontentano della cronaca o, quando va male, della chiacchiera futile legata al fluire a volte puramente artificiale e retorico degli argomenti di quella narrazione collettiva e totalizzante che in questo nostro paese è il calcio. Daniele Manusia invece racconta il calcio con l’affezione del tifoso, l’occhio acuto del critico, l’acribia dell’archivista e il respiro lungo dell’indagine filosofica e sociologica.

Per il suo primo libro ha scelto un argomento, un eroe, facile e difficile allo stesso tempo: Eric Cantona. Facile perché pochi campioni hanno interpretato un ruolo così perfettamente romanzesco, sono assurti a un’emblematicità immediata, hanno percorso una strada di ostacoli, emarginazioni, spettacolari redenzioni come l’incontrastato idolo dell’Old Trafford, capitano del Manchester United negli anni Novanta. E per gli stessi motivi era difficile parlare di Cantona senza farsi prendere da un lato dall’agiografia e dalla retorica e dall’altro dalla cronaca pruriginosa riguardante gli eccessi e i momenti topici di un uomo passato alla storia anche per quei “gran brutti gesti”, come li chiama Manusia, a cominciare dal citatissimo colpo di Kung-fu in faccia a uno spettatore che lo insultava dopo un’espulsione.

Cantona. Come è diventato leggenda è una biografia romanzesca o un romanzo biografico, è un’attenta e affettuosa analisi del personaggio-Cantona sviscerato attraverso le dichiarazioni lasciate in intervista, gli articoli dei giornalisti spesso pronti a stigmatizzarne i comportamenti senza comprenderne il senso profondo, i racconti dei compagni di squadra, la stessa bulimia di esposizione che ha sempre contraddistinto non solo il Cantona giocatore ma anche, dopo il ritiro a soli trent’anni, il Cantona leggenda di professione, attore e pittore, personaggio calato nella sua dimensione larger than life capace con autoironia ma non esagerando troppo di dire in Il mio amico Eric di Ken Loach: «I’m not a Man, I’m Cantona».

Il libro è quindi un’umanistica e affettuosa ricerca di comprensione di un uomo consumato da un titanismo a metà tra l’epica classica e quella hollywoodiana, un uomo nato per stare al centro di un rettangolo a sentire il ruggito della folla, spasmodicamente alla ricerca dell’amore assoluto che il calcio può regalare ai suoi idoli, un Don Chisciotte incapace di scendere a compromessi con il proprio senso della giustizia (a cui deve le squalifiche, le panchine collezionate in patria, i cambi di casacca, l’incapacità di tenersi stretta la maglia dell’OM, la sua squadra del cuore, per l’odio verso il presidente corruttore e dopatore Bernard Tapie). Ma è anche un’analisi puntuale e precisa di Cantona come segno, come icona dalla fortissima carica emblematica: Cantona il performer capace di uscirsene con la più grande dichiarazione in conferenza stampa della storia del gioco («When the seagulls follow the trawler, it’s because they think sardines will be thrown into the sea. Thank you very much», subito dopo la condanna ai servizi sociali per l’episodio del Kung-fu); Cantona l’uomo del colletto alzato («Con il colletto alzato e la schiena tesa entrava in campo come fosse il proprietario di quel cazzo di posto», Roy Keane, suo successore come capitano dello United).

Un’anatomia dell’irrequietezza che si legge di un fiato, che emoziona chi è cresciuto nel mito veicolato da quel vecchio spot della Nike (Cantona che alza il colletto e pronuncia «Åu revoir» prima di disintegrare un portiere-diavolo) ma che si colloca su un piano di valore molto superiore alle biografie sportive per fan, grazie alla felicità della penna di Manusia, all’intelligenza del suo sguardo. Da antologia in tal senso è l’epifania con cui ci racconta il canto del cigno del campione, quel gol di sconvolgente bellezza al Sunderland, uno degli ultimi, e quell’esultanza impietrita, quello sguardo di un Re che raccoglie il suo trionfo, il primo momento di pace di King Eric Cantona:

Foto di copertina Hulton Archive | Getty Images

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