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Youth

Sorrentino e il Puntinismo

Il puntinismo (noto anche col termine francese pointillisme) è un movimento pittorico caratterizzato dalla scomposizione dei colori in piccoli punti che, sviluppatosi in Francia verso il 1885, è così denominato dal critico Félix Fénéon.

Sono tanti i puntini che, insieme, a colpo d’occhio, formano l’ultimo film del premio Oscar Paolo Sorrentino. Youth – La giovinezza, uscito nelle sale poche ore fa, in contemporanea con la presentazione in Concorso al Festival de Cannes: probabilmente il film più atteso della filmografia del regista partenopeo, dopo il trionfo americano de La grande bellezza (che aveva spaccato in due la critica, al momento dell’uscita, diversi mesi prima della statuetta).

Dicevo del puntinismo, allontanarsi dall’oggetto per lasciare spazio all’occhio di elaborare. La location, indubbiamente co-protagonista al fianco di Michael Caine – un direttore d’orchestra in pensione – e Harvey Keitel – un regista, suo coetaneo, in ritiro con un team di sceneggiatori per chiudere la terza stesura del suo ultimo film – è un hotel decisamente più sontuoso ed esclusivo di quello dove era stato esiliato Titta Di Girolamo ne Le conseguenze dell’amore ma anche in questo caso ci imbattiamo in un non-luogo totalmente scollegato dal resto del mondo.

E qui gli esiliati sono tanti. Non solo Titta. Ambiente che non può, fin dai primi minuti, non far tornare alla mente dello spettatore la stazione di cure termali dove alloggia Guido Anselmi in 8 ½. E (sempre di puntini si tratta) anche il personaggio interpretato da Keitel guarda caso è un vecchio regista in crisi perché non riesce a chiudere la sceneggiatura e a trovare un finale degno, al film e alla carriera.

I puntini proseguono. A volte sono palesi citazioni messe in bocca agli interpreti della storia, a volte sono veri e propri personaggi, come il Diego Maradona citato nel discorso degli Oscar come fonte di ispirazione – il Maradona nella fase più triste e decadente, esiliato dal suo peso e dal passato anche se, sulla terrazza con la propria compagna, mente e parla di futuro – a volte sono movimenti di macchina.

Il problema di fondo però c’è, in tutto questo puntinismo, oppure no? Disorientare lo spettatore con un campo stretto e mostrare solo in seguito l’interezza dell’inquadratura facendo, d’un tratto, cessare lo spaesamento in chi guarda (a partire dalla scena melomane con cui il film si apre) non è ormai essere diventati esasperatamene manieristi di se stessi?

Perché ovviamente Youth – La giovinezza è girato/fotografo/montato e interpretato in modo eccellente ma la filmografia sorrentiniana si sta, film dopo film, allontanando sempre di più dalla storia che racconta per cercare l’altrove. E allora ognuno sarà libero di trarre le proprie conclusioni. Ci sarà chi continuerà ad entusiasmarsi e chi forse preferirà, a quel punto, leggere direttamente Novalis (il poeta e filosofo tedesco viene citato durante il film da uno dei molti esiliati che albergano tra le Alpi svizzere, una star hollywoodiana che sta preparando un ruolo per il prossimo film).

Allontanandosi e mettendo insieme tutti i puntini si rimane leggermente spaesati. Forse bisogna solo mettere a fuoco, meglio. Forse invece la storia è sempre più lontana, laggiù, all’orizzonte. E lo spettatore – che di storie si nutre – prima o poi si esaspererà di questo stile imperioso che incanta e lascia a bocca socchiusa chi guarda.

Grazie


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