Foto di scena ©Luca Del Pia

Viva l’Italia – César Brie

Roberto Scarpetti riporta alla luce Le Morti di Fausto e Iaio

“Il reale è in agguato e la scena è uno dei luoghi dove possiamo percepire l’inespresso, il latente, ciò che pulsa e non ha voce” scrive César Brie nelle note di regia rispondendo a chi lo taccia di “teatro popolare”. E in effetti parlare di stragismo, oggi, non è cosa semplice. Se storicamente o politicamente ormai è ben chiaro a cosa si può andare incontro, drammaturgicamente si tratta di una scelta azzardata: il terrorismo è una fabula tragica che tende a risolversi con la celebrazione dell’eroe caduto, poca complessità, facili divisioni morali, molto insomma è lasciato al fattore emotivo-sociale. Ma Viva l’Italia – voluto fortemente dal Direttore Calbi che ne ha promosso una nuova produzione con il Teatro di Roma (lo spettacolo è del 2013, prodotto dall’Elfo di Milano) – cerca di andare oltre.

Anni di piombo. Pochi giorni dopo il rapimento Moro, Fausto e Iaio, due ragazzi del centro sociale Leoncavallo di Milano, vengono uccisi dalla Brigata fascista “Franco Anselmi”. Una storia dai retroscena oscuri che lega con filo rosso-sangue terrorismo estremista, forze dell’ordine, segreti di stato, fino a riallacciarsi con la strage di Bologna. Ispirandosi a fatti realmente accaduti, dunque, l’autore Roberto Scarpetti riporta alla luce una vicenda insabbiata e inquinata per anni. Eppure la storia con la esse maiuscola, per quanto certo non si possa ridurla a pretesto drammaturgico, non è la vera protagonista dello spettacolo.

A emergere, piuttosto, è la storia dei singoli, di assassinati e assassini, è la voce di chi “non ha voce” come appunto scrive il regista argentino. Non a caso ad accogliere il pubblico dell’India c’è un palco ruotato di trenta gradi rispetto al suo centro, che mostra diversi fuochi, quasi invitasse a guardar dietro l’apparente realtà. Tutti sono vittime – sembra dire – nessuno escluso, perché quando un uomo toglie la vita a un altro è una civiltà intera a morire. Ecco allora che le pareti di questa rinnovata dimensione “storica” si fanno teli di stoffa e plastica semitrasparenti, come a stimolare uno sguardo più penetrante che riesca a cogliere le verità nascoste: desideri, timori e rimorsi appaiono alle spalle dei protagonisti (luci di Nando Frigerio) e rivelano d’improvviso un’umanità più completa e complessa.

Teatro popolare? Chissà, il pubblico della prima romana si commuove e applaude ai toccanti monologhi (spicca l’interpretazione profonda e misurata di Andrea Bettaglio e Alice Redini); ma a risvegliare il sentire comune forse è soprattutto l’umanizzazione dei singoli personaggi (rimarcata dalla complementarietà dei cinque attori: Massimiliano Donato, Federico Manfredi, Umberto Terruso, oltre ai già citati), quel tentativo cioè di sciogliere i nodi degli scontri politici e intrecciare i fili in un tessuto sociale comune che non sembri più irrimediabilmente lacerato.

Se da un lato, dunque, Viva l’Italia non propone attivamente un ponte diretto con il presente e la sua – pur ottima – narrazione porta lo spettatore a una fruizione emozionante ma passiva, dall’altro rinuncia a facili demonizzazioni e cerca di rammendare lo strappo: a emergere infatti non è uno stato corrotto o fazioni politiche estremiste, ma un’umanità schiacciata da un dolore segreto e impronunciabile che in fondo, però, rende tutti inconsapevolmente vicini.

Teatro India, Roma – 22 ottobre 2014

In apertura: Foto di scena ©Luca Del Pia

Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

This will close in 30 seconds