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Uochi Toki – Uochi Toki

Rico e Napo sono i Uochi Toki. Rico: basi fastidiose. Napo: voce fastidiosa. “«Noi siamo un gruppo di merda, perché ai nostri concerti nessuno balla e nessuno è d’accordo con quello che diciamo».” Cosi gli piace definirsi.

In realtà possiamo presupporre che questi due individui non amino particolarmente le definizioni. Questo loro primo album avrà fatto storcere il naso agli ascoltatori dell'hip hop canonico, avrà fatto letteralmente cagare a tutti coloro che suonano un qualunque strumento, avrà fatto incazzare i vostri genitori. Per tutti coloro che non appartengono alle categorie sopra elencate, l'album del duo romagnolo avrà aperto un nuovo mondo. Ma nessuno che lo ha ascoltato è rimasto indifferente.

La miscela creativa dei Uochi Toki è fatta davvero di basi fastidiose (un po’ hip hop, un po’ qualcosa che non avete mai sentito) e da una voce fastidiosa (un po' hip hop, ma forse più il suo contrario). L'album si snoda intorno a ben 81 tracce(!), la maggior parte delle quali solo strumentali (pur non essendoci strumento alcuno), altre di poche secondi, altre di impulsi fatti uscire a volumi più o meno alti da qualsiasi macchina che produca un rumore più o meno piacevole.

Ma sono i testi di Napo a fare la differenza. Questi, deve aver ascoltato rap per circa metà della sua vita, e si capisce come giunto a quella metà si sia rotto il cazzo e abbia incominciato a fare di testa propria. E immagino che la sua testa debba essere particolarmente complessa (“«tapparmi le orecchie per non sentire i commenti a cielo aperto”, “la vera essenza della mia vita si manista nei tempi morti”, “credo ci sia una distinzione fra due parole uguali”, “mi permetto di cambiare idea a metà di una discussione”»). Sarcasmo, una buona dose di autoironia, ispirazione, intelligenza. Napo analizza i difetti dei giovani di oggi, si lamenta che pochi vanno ai concerti per ascoltare il gruppo che sta suonando (“«I concerti: incontri gente parli con le persone paghi il biglietto conosci i suonatori»”), si interroga su consuetudini ormai consolidate (“«Quando mi chiedi come stai? sarebbe troppo lungo rispondere, troppo per una domanda fatta per convenienza”»), definisce i suoi interlocutori tipo («“reputo più interessanti persone che non fanno sesso spesso, o mai”») Chi salva da tutto questo?

Nessuno. Non sono gli ascoltatori. (“la tua superficialità è alla base del tuo esser d’accordo con quello che diciamo. E io non chiudo un occhio solo perché mi hai dato cinque euro”). E non si salvano nemmeno gli stessi Uochi Toki : (“«tutto quello che diciamo o facciamo è già stato detto o fatto, quindi siamo degli stronzi”»).

Grazie


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