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Rojo – Giorgio Canali e i Rossofuoco

Recensire un’ album di Canali è come, nelle dovute proporzioni, dover recensire un nuovo album di Keith Richards o dei Rolling Stones… Come fai a scrivere del nuovo prodotto senza ricordare le prodezze compiute in passato? Regola n.1: non dimenticarsi di cosa ha fatto Giorgio Canali nella sua enorme esistenza musicale.
Regola n.1, come la prima traccia di Rojo, ultimo album dei Rossofuoco, fatto di canzoni di rivoluzione. Rosse, rosse come il fuoco.

Non dimenticare, perché Canali è stato l'eccellenza del rock italiano dagli ‘‘80 ad oggi. Prima fonico di gruppi come la Pfm e i Litfiba per poi entrare come chitarrista nei CCCP di Epica Etica Etnica Pathos e seguire il compare Giovanni Lindo Ferretti nella fantastica realtà dei CSI, poi sfociata nell’ultima esperienza del binomio, i PGR. E non solo, perché per Canali non finisce qua. Oltre i progetti già citati ha dato voce e suono a tanti interessantissimi progetti come i Verdena, Le luci della centrale elettrica e Bugo, per rimanere in Italia.

Bisogna non dimenticare ciò, perché se non si ha rispetto per la sua figura l'album potrebbe anche deludere. Il ragazzo (ragazzo dentro direi) è ancora parecchio incazzato, cosa che, nella società di rinnegati in cui viviamo, è assai apprezzabile. Ce l'ha con il Papa, con i celerini, con i reality e con il mondo. Da vero punk 15enne.

Dopo regola n.1, la tracklist ci propone Ci sarà, un pezzo di possibilità, perché “da qualche parte ci sarà”, come dice lui. Arriva La solita tempesta, che mi ricorda tanto i miei conterranei YoYo Mundi (con i quali, guarda caso, il nostro Giorgio ha avuto a che fare). Si arriva poi a Carmagnola #3, il singolo scelto per l'anteprima. L'album prosegue così, senza infamie né lodi, tra pezzi di puro Rock&Roll e ballatone, fino ad arrivare a Orfani dei Cieli, il pezzo che chiude. Una bella e struggente acusticata che ti fa capire tutti i perché di Vasco Brondi.

I testi sono quello che ti aspetti da Canali. Diretti, direttissimi. Concetti così chiari da far quasi male. Talvolta tralasciando un po' troppo la poesia per la crudezza. Chitarre onnipresenti. L'arrangiamento è sempre in mano ad esse. Puro rock. Non ci sono tracce di tastiere, synth, archi o storiacce del genere. Al massimo qualche bridge per le armoniche, rispolverate dai cassetti del folk e delle suonate in spiaggia.

Il prodotto può risultare anacronistico, suona vecchio effettivamente. Ma cosa potevamo aspettarci da un fottuto 50enne? L'ho ascoltato tanto questo album, perché prima di esprimere giudizi su un mostro del rock come Canali devi sapere di cosa scrivere. E nonostante ciò la paura di non capire è sempre forte. Sento però di essere arrivato ad una conclusione.

Questo è un album per due categorie di persone: i nostalgici e quelli come me. I primi, uomini che non sono ancora riusciti a staccarsi da quella realtà così bella. I secondi, ragazzi che non avendo vissuto la magia CCCP-CSI a tempo debito ci godono ad ascoltare qualche rimasuglio di quella tabula rasa elettrificata di idee, canzoni e voglia di fare e cambiare.

In ogni caso un lavoro che non brilla di luce propria, ma riflessa, dove i picchi più alti sono i ricordi di tempi migliori.

Grazie


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