Foto di scena ©Amedeo Novelli

Rewind – Deflorian/Tagliarini

Let’s rewind, torniamo indietro. Rivediamo un attimo gli ultimi istanti dello spettacolo di Deflorian/Tagliarini. Cosa troviamo? Un pubblico sbigottito e anche vagamente indignato. Ora, però, con calma: non pretenderete che ve ne riveliamo subito la ragione!

Tutto comincia quando – no, in realtà non è ben chiaro quando tutto cominci, anzi, non è chiaro cosa cominci. Già, perché se non conoscete la Trilogia dell’Invisibile (le nostre recensioni: Progetto Reality e Ce ne andiamo…) dovete innanzitutto tenere a mente una cosa: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini non entrano in scena per dare vita a uno spettacolo, arrivano piuttosto sul palco inavvertitamente, come un simpatico passante incontrato per caso dietro l’angolo. I due, infatti, si inseriscono in un flusso di continuità “comune” di cui lo stacco del biglietto e l’applauso sono solo due ineludibili interruzioni.

L’espediente che anima Rewind è una situazione oggigiorno assai familiare: due amici siedono davanti a un computer e si ritrovano a guardare video su internet. In questo caso si tratta dello spettacolo capolavoro del Tanztheater, Café Müller (guarda qui). Ma, tranquilli, non è necessario che conosciate Pina Bausch, perché Deflorian e Tagliarini ne parlano come farebbe qualunque coppia di amici a proposito di una passione comune: con trasporto e leggerezza. E da questa “normalissima” chiacchierata, che lascia emergere ricordi personali legati in maniera più o meno diretta allo spettacolo in questione, nasce un flusso di pensieri che ha un doppio effetto, sbalorditivo eppure naturalissimo (due aggettivi che forse riassumono il grande valore di questi due artisti): da un lato i loro semplici dialoghi evocano un’immagine nitida e fedelissima di ciò che gli spettatori non vedranno mai (per lo meno in scena), cioè il Café Müller; dall’altro questa evocazione spontanea, che lascia piena libertà al pubblico di accoglierla o rifiutarla, realizza ciò che finora nessuno era mai riuscito a fare: trasferire il Café Müller di Pina Bausch nell’immaginario collettivo e trasformarlo in un patrimonio veramente di “pubblico dominio”.
Rewind, dunque, rappresenta a tutti gli effetti un teatro universalmente accogliente, in grado di intercettare davvero qualunque pubblico: una drammaturgia – e una interpretazione – quella di Deflorian e Tagliarini, insomma, talmente immediata da sembrare quasi involontaria.

A questo punto, probabilmente, vi starete chiedendo perché mai, allora, il pubblico di ieri sera fosse sbigottito e indignato. Perché in chiusura, fra le note di The End dei Doors (ascolta qui), a sovrastare sullo scroscio di applausi è venuto giù un coro – insomma, un “coretto” – di “bu”, sovrastare però non in numero ma in clamore. Ora – il diritto al dissenso non si può e non si deve negare a nessuno (anzi, forse oggigiorno andrebbe reinsegnato), ma per esercitarlo c’è bisogno sempre di onestà d’animo. E così, di fronte a cinque o sei spettatori gradassi che con plateale smargiasseria hanno gettato via la preziosa e intima intesa creata dai due artisti, il folto pubblico del Teatro India non ha potuto che reagire con esterrefatta incredulità.

A quanto pare nel 2014 c’è ancora chi non riesce a fare a meno della teatralità. Ma chissà, forse anche questo è teatro!

Teatro India, Roma – 16 novembre 2014

In apertura: Foto di scena ©Amedeo Novelli

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