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Quanti sono i domani passati – Valentina Cortese

Il domani è passato, per Valentina Cortese, grande diva del cinema mondiale, almeno 32850 volte circa: la signora Cortese ha appena compiuto il suo 90esimo compleanno e appena pubblicato la sua autobiografia, che d’altronde è forse giusto, anche se non sempre possibile, riuscire a scrivere dopo una vera e prolungata esperienza di vita.

Antonioni, Blasetti, Wise, Zampa, Fellini, Bava, Monicelli, Zeffirelli, e i gli intimi De Sabata e Strehler, sono le grandi personalità al maschile che hanno scritto la storia cinematografica e personale di una bambina nata il 1 gennaio 1923 a Milano: lei è la Valucc, come da sempre è stata chiamata la signora Cortese, cresciuta da una delle “meravigliose e fiere” contadine lombarde, invece che da una aspirante pianista affamata di mondo, di borghesi natali torinesi.

E’ stata plasmata nel carattere dalla verità, dai valori e dell’umanità imparate nelle povera infanzia lombarda, che da sempre, e ancora oggi, celebra indossando sul capo un foulard, come palese riconoscenza a quelle donne che le hanno “insegnato a camminare nella vita”: quel copricapo che l’ha resa icona ed è per lei “carezza che mi accompagna, è la memoria di tante donne”.

Milano, Via Settala 2, e poi Corso Buenos Aires 55 e il bambino Giorgio, orfano di papà e triestino di origine con cui lei, ancora bimba genuina parlante solo il dialetto della campagna, giocava lungo in cavalcavia della zona, fantasticando mondi, come succede in teatro o al cinema: lui era Strehler, lei “La Cortese”, quelli che sarebbero stati, l’un per l’altra, uno dei grandi amori delle loro vite e due grandi artisti reciprocamente affidati all’arte dell’altro.

La materna e amichevole figura della nonna torinese, che si è poi fatta carico della bambina Valentina, curandone ogni aspetto affettivo e formativo, è di certo il profilo femminile più forte, insieme a quello di “mamma Rina”, la balia, che ha segnato la vita di Valentina: l’innata eleganza un po’ aristocratica forse è da ricondurre a quel Napoleone Rossi di Coenzo, bellissimo uomo livornese, di ricchissima stirpe, che non ha però provveduto a prendersene cura in quanto padre, ma sempre e solo mantenendo un generico ruolo parentale.

Ogni episodio, personale e professionale, della vita di Valentina Cortese sarebbe degno di un approfondimento: sceglierne uno soltanto sarebbe fare torto a ciascuno degli altri. Infatti la bellezza di questo racconto autobiografico abita proprio nella lettura di ogni episodio. Uno dopo l’altro, dal primo amore al grande successo, alternati, come in una sinfonia mai stonata e mai superba, si alternano, raccontando una vita di certo eccezionale eppure narrata con un’eccezionale capacità di cronaca appassionata, mai macchiata di sofisticatezze divistiche, semmai concreta e pragmatica come solo le contadine della natia Lombardia sono state.

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