la canzone perduta 2

La canzone perduta – Erol Mintas

Ali è un giovane curdo, maestro di scuola elementare, che vive con l'anziana madre Nigar in un piccolo appartamento alla periferia di Istanbul. Quest'ultima, in seguito all'ennesimo spostamento cui è stata costretta, non riesce ad accettare la nuova casa, il nuovo presente nei confronti del quale si sente sempre più estranea e smarrita. Le sue giornate sono scandite da una triste irrequietezza verso tutto ciò che la circonda: guardando il fosco cielo della città, rompendo le noci durante le notti insonni, andando a trovare il figlio al lavoro, Nigar si sente sempre più inutile, vittima di un “destino crudele dove tutto si perde”, e bisognosa di riavvicinarsi e risentire le sue origini.

La canzone perduta locandina

Si convince con caparbietà e ostinazione che molti curdi di Istanbul siano tornati al loro antico villaggio e insiste col figlio affinché anche loro facciano lo stesso. Quest'ultimo cerca di alleviare il dolore della madre e la sua nostalgia verso i ricordi di un luogo amato e vissuto, andando alla ricerca di una cassetta dove sia incisa una antica canzone dengbej, che la madre continua a nominare e a voler riascoltare. Stretto nella morsa della fragilità della madre, Ali deve anche affrontare il suo presente lavorativo difficoltoso che blocca la sua attività di scrittore e la relazione con la fidanzata che si è appena scoperta incinta. Passato, presente e futuro si presentano con tutti i loro carichi di problemi e sentimenti, costringendo Ali, a sua volta smarrito, a dover scegliere a quale tempo dover dedicarsi.

La sua impotenza nel rispondere ai bisogni della madre e la tenera incapacità di quest’ultima di desistere e rinunciare al suo desiderio impossibile di un ritorno che non ci potrà mai essere, si fanno toccanti portavoce esistenziali della comunità curda, comunità che cerca di mantenere la sua identità tra affanni, dolori e durezze. La vita del regista Erol Mintaş, d'altronde, rispecchia il racconto del film: “

Sono un curdo cresciuto in Turchia negli anni Novanta, quando tutti i legami dei curdi con la loro lingua materna erano stati tagliati. Per me, mia madre è stata di fondamentale importanza per mantenere viva la mia lingua. Mi raccontava tante storie e forse questo mi ha fatto sentire il bisogno di fare lo stesso. Ci sono molte persone come la madre di Ali, il protagonista, non solo curdi ma molti immigrati della zona del mar Nero, che hanno dovuto lasciare le loro case. Quando ero all'Università ho lavorato sui diritti delle minoranze e ho conosciuto molti di loro. Da questo è nata l’idea del film. È stato difficile trovare finanziamenti ma siamo stati aiutati dalla comunità curda e dal finanziamento collettivo online”.

Mintaş, consapevole forse di come siano i rapporti umani fatti di parole e racconti a poter attenuare il dolore di un passato e un presente che rischia di perdersi, sceglie di inserire un unico riferimento politico esplicito alla persecuzione curda. Tale riferimento lo si trova nelle prime scene, quando negli anni Novanta, il padre di Ali, anch'egli maestro viene portato via dalla polizia senza più fare ritorno, mentre sta raccontando una storia ai bambini del villaggio. Anche Ali conosce questa storia e la riproporrà ai suoi allievi, con la stessa abilità recitativa del padre, avendo forse deciso, anche grazie al testardo e commovente desiderio della madre, quanto il passato sia già parte di lui.

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