69/MA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

Pietà, vendetta, luce, tenebre

Intervista a Kim Ki-duk, alla vigilia della vittoria del Leone d'Oro

Anche quest’anno la giuria della 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta da Michael Mann, ha deciso di premiare un autore non troppo conosciuto al grande pubblico del cinema italiano, e non solo. Come successe con il sublime Faust del siberiano Alexander Sokurov lo scorso anno, ora tocca al sudcoreano Kim Ki-duk con il meno assoluto ma bellissimo Pietà, ricevere il Leone d’Oro come miglior film. Che sia un auspicio per riscoprire tutta la filmografia di un grandissimo autore contemporaneo e allo stesso tempo per far luce su tutto un cinema asiatico ancora spesso nascosto e da scoprire. Presentiamo ora un’intervista a Kim Ki-duk concessaci alcuni giorni antecedenti la premiazione.

Salve Kim. Lo scorso anno io ero in sala Debussy a Cannes, mentre lei presentava Arirang, era una situazione particolarissima, eravamo tutti molto emozionati. Come si inscrive questo film nel suo percorso creativo e umano, dopo quel fortissimo sfogo?

Anch’io ricordo molto bene quel giorno, è stato uno dei più emozionanti della mia carriera e forse della mia vita. Non dovevo neanche esserci a Cannes, son stato quasi costretto (risata, ndr). Ma quel giorno fu importantissimo per me, tanto come uomo quanto come autore. Quel pomeriggio forse capii che in qualche modo dovevo comunque andare avanti. In effetti essere qui a Venezia è un po’ un nuovo inizio, per la mia rinnovata carriera cinematografica. Ma è solo perché sono riuscito a girare Arirang che ora ho potuto fare anche Pietà.

Quindi cosa prova ora ad essere qui a Venezia? Come ti senti, anche rispetto il film che hai fatto?

Innanzitutto soddisfazione, per il semplice fatto di essere stato chiamato e voluto. Detto questo, sono molto sereno. Son voluto stare qui parecchi giorni, a differenza di quello che spesso mi succedeva nei Festival, perché sono tranquillo e anche perché ho avuto un’accoglienza splendida da parte di tutti. Anche il mio film in un certo senso riflette questo. Pensa anche ai protagonisti. I miei film non si costruiscono su delle figure particolari o ricorrenti, vogliono piuttosto essere un’interpretazione precisa del mondo che vedo in quel momento. Il protagonista di Ferro 3 e di altri film sono diversi da questo nuovo personaggio, semplicemente perché la situazione di oggi è diversa da quella che vedevo nei miei film precedenti, in fasi diverse della storia del mondo. Ora vedo il mondo, o meglio quella parte del mondo che voglio rappresentare, in questo modo.

Veniamo al film dunque. Pietà, con quale senso vuole riempire questa parola? E in quale rapporto è con il suo opposto, la vendetta, altro elemento fondamentale del film?

Per me questo è un film particolare, che vuole raccontare il tutto dell’essenza umana, o forse addirittura recuperare un’essenza umana che stiamo perdendo e a volte abbiamo già perduto. L’importanza del denaro in questo periodo, come interferisce e spesso distrugge molti rapporti umani. Questo film vuole parlare della salvezza dell’umanità attraverso il recupero di determinati valori ed attraverso la condivisione di sentimenti. Vendetta e Pietà in fin dei conti son sentimenti terribilmente umani. Ho sentita molta gente parlare di religione in questo film, ma come sempre non è così.

In che senso? In Pietà non c’è spazio per un sentimento religioso?

Mi spiego meglio. Non ho nessun pregiudizio di fronte a nessuna delle religioni. Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera era specificatamente buddista, La samaritana si rifaceva alla fede protestante, questo film è stato definito di ispirazione più cattolica, ma non ho cercato questo elemento. Ho una religione, ma non l’ho voluta indicare in nessuno dei miei film. In tanti miei film c’è della religione, ma solamente perché è un pensiero ed un sentimento umano, tutto qui. Anche perché, a pensarci bene, molti dei miei personaggi devono subire un percorso di dannazione prima di ritrovare il loro equilibrio. Per poter spiegare l’oscurità c’è bisogno di spiegare anche la luminosità, e viceversa. Serve il nero per capire in che direzione andare per trovare il bianco. Ma questa per me non è religione, è vita.

Esteticamente Pietà, a mio parere, è un film di una particolarissima eleganza. Ci racconti la scelta dei costumi, della location e in particolare della fotografia del film.

Grazie del complimento, penso che l’estetica di questo film sia fondamentale per raccontare e mettere in scena quella poetica di sentimenti umani che io cercavo. Riguardo i costumi per l’attrice abbiamo optato per il colore rosso, perché evoca la sofferenza e il sangue. Per il protagonista maschile, invece, abbiamo voluto un’immagine operaia ma quasi militarista. C’è una componente di terrore già insita nell’aspetto dei personaggi. Fondamentale è la scelta della location. Il quartiere Cheonggyecheon esiste davvero, in questa zona ho vissuto per 5 anni, dai 15 ai 20 anni per l’esattezza, quando vi ho lavorato come operaio. È una zona importante e storica per lo sviluppo industriale della Corea. Ma nell’arco di pochi anni quella zona scomparirà, quella distesa di piccoli edifici verrà sostituita da enormi grattacieli e palazzi che descrivono pienamente il senso di questo ultimo capitalismo coreano. Per questo ho voluto girare lì: nei miei film i luoghi sono sempre molto importanti, e anche stavolta l’ambientazione ha un’importanza non solo storica ma anche filologica. Uno spazio analogico, pieno di storia da cui tutto comincia, soprattutto lo sviluppo del mio Paese, in cui si muovono i miei protagonisti digitali, senza memoria e apparentemente senza radici. Riguardo la fotografia ho usato spesso obbiettivi classici, prestando molta attenzione al colore e all’esposizione della scena. Alla fine mi ritengo soddisfatto, anche se sicuramente non è uno dei miei film più curati da questo punto di vista.

Ultima domanda. Al di là di come questo film possa essere giudicato, prima dalla giuria qui alla Mostra e poi dal pubblico, il futuro?

Sinceramente, provo già una grande soddisfazione ad essere qui. Spero che il film possa andare bene. Per il futuro non posso dire nulla, ma è stato molto importante per me tornare a girare. Immagino continuerò a fare il mio onesto lavoro, fino a quando manterrò la mia onesta passione per il cinema. Penso capirete.

Grazie


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