chitarra

Intervista ai Seaside Postcards

“Seleziona artista” e alla lettura del nome Seaside Postcards, ti fiondi a mille all’ora, voglioso di sentire chitarre festose su spiagge californiane, come hanno sognato e fatto i ragazzi ‘’60s del California Dreamin’ (chi a Los Angeles, chi su spiagge un po’ più rustiche come quelle del grande fiume). Quasi all'improvviso ti accorgi che se quelle erano le tue intenzioni, davanti a te si apre un bivio: o si cambia mood, o si cambia artista. Con i tre pesaresi finisci catapultato di colpo in un sobborgo inglese, con il post-industrialismo che spinge come una locomotiva impazzita, senti attorno a te la presenza incombente di migliaia di ragazzi impazziti per gli Smiths.

La cosa che sapientemente li contraddistingue, però, è la loro capacità di riuscire a firmare con un autografo, (quasi) impossibile da falsificare, i pezzi del loro primo EP. Le sonorità sono così essenziali che sembra di avere a che fare solo con un basso, ma non uno qualunque. Uno di quelli che cercano di assestarti il colpo di grazia subito alla prima ripresa, senza nemmeno farsi sfiorare dalla possibilità di lavorarti ai fianchi, per poi portarti verso il KO.

Poi ascolti bene, magari anche tante volte e sempre più attentamente, e ti accorgi che non c’è solo questo nei Seaside Postcards: la chitarra arricchisce il suono completando l’opera complessiva, firmata in triplice copia da una batteria che sembra un metronomo per la precisione della sua presenza. A contorno (è proprio il caso di dirlo), c'è la voce, e forse non ve ne accorgerete nemmeno, che entra in sala di registrazione per completare l'opera, aggiungendo il timbro di certificazione al lavoro dei nostri (come se non bastasse il resto), rendendo ancora più personale e chiaramente identificabile ogni pezzo.

Le origini sono pesaresi, le sonorità non direi! Sento una fortissima influenza di venti d’oltremanica dai sapori di fine anni ’70, o forse più ’80s. Sbaglio?

Le origini sono pesaresi per due terzi, considerato che Michele (Chitarra) è friulano DOC trapiantatosi nella nostra città tre anni orsono. Detto ciò, sì… in effetti le nostre influenze (sia musicali che letterarie e cinematografiche, con i rispettivi distinguo per ogni membro della band) affondano le radici in terra d'Albione e temporalmente proprio in quel periodo da te menzionato. Per ciò che mi riguarda, sono cresciuto con quel sound, ascoltando una miriade di band anglosassoni che consumavano le proprie esistenze in città plumbee e sventrate dal post-industrialismo che avanzava. Va da sé che tutto ciò non può che riflettersi nella nostra musica, nell'approccio e nell'attitudine compositiva.

Sempre a proposito di origini, cosa vi ha influenzati della vostra terra nella vostra produzione? Anche il nome (che si potrebbe tradurre come “Cartolina del mare” ndr) sembra non troncare di netto il legame naturale che vi unisce al vostro mare, alla cordialità della riviera. Uno legge il nome del gruppo e si aspetta quasi che suonino i Beach Boys, poi a 30 secondi dall’inizio della prima traccia inizi a respirare l’umidità e la nebbia che ti riportano a cittadine industriali anni ’80.

Sì, in effetti quando si pensa ad una città di mare (e soprattutto della costa adriatica) quasi per una sorta di riflesso pavloviano si pensa a Rimini, a quel tipo di turismo e a quella concezione di divertimento (non a caso noi pesaresi “indie-snob” chiamiamo Rimini il “divertimentificio”). Nel nostro caso, Pesaro, per alcuni aspetti conserva quella cifra stilistica e architettonica tipica della località balneare, ma custodisce nel proprio sostrato, negli occhi degli anziani del porto, grondante dai muri dei caseggiati popolari, una vena malinconica ed una tristesse de vivre raramente riscontrabile in analoghe cittadine italiane.

Ciò che amo di questa città è proprio questo, la consapevolezza di un infinito soltanto apparente (ciò che si riscontra osservando il mare dalla costa) e la possibilità di sentirsi proprio come in quella “seaside town” della costa inglese narrata dal Morrissey d’antan in Everyday is like Sunday. Tutto ciò ha fortemente influenzato il sound delle band cittadine che si trovano oggi ad ottenere, giustamente, riscontri a livello internazionale: sto parlando di Soviet Soviet, Be Forest e Brothers in Law.

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Ascoltando le vostre track, si è trasportati da una struttura ritmica che non fa una grinza. Essere solo in tre a gestire le sonorità vi ha aiutato?

Ovviamente l'essere un trio comporta dei vantaggi e degli inevitabili svantaggi. Tra i primi citerei la facilità nei rapporti interpersonali, una sorta di immediatezza nei processi decisionali ed un “idem sentire” che rende la nostra unione molto meno faticosa. Per ciò che attiene agli svantaggi, naturalmente quello che un po' tutti delineano come il nostro tratto distintivo, ossia una certo minimalismo e scarnezza nei suoni, è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti e che abbiamo tramutato, con il tempo, in un nostro punto di forza. Ciò detto, non ci dispiacerebbe ascoltare i nostri pezzi arrangiati in modo diverso, magari con l'innesto di un arrangiamento per archi o spruzzate di synth qua e là.

Le vostre canzoni hanno una forza musicale che si fa sentire sempre e comunque. I testi, invece, sono ridotti ai minimi termini, essenziali, a volte così di poche parole da pensare di essersi persi qualcosa. È una vostra scelta, che vi siete imposti per dare un segno riconoscibile del vostro stile, o è come uscita per caso in fase compositiva?

Guarda, potrei risponderti avanzando presunte scelte stilistico-filosofiche o acrobazie intellettuali che potrebbero giustificare ciò che tu hai sagacemente rilevato e non farebbero una grinza. Ma voglio essere sincero. Michele (voce e chitarra) è essenzialmente un chitarrista e non ha mai cantato in un gruppo se non in questa esperienza ed il suo stile, chiamiamolo pure minimal, è dettato proprio da questo. Si era pensato, proprio in questi giorni, di lasciare a Michele soltanto l'incombenza del proprio strumento e delegare la voce ad un cantante solista… ma sai, trovarne uno con le caratteristiche che interessano a noi non è semplice. A proposito, se qualcuno/a volesse offrirsi per un provino ci contatti. Richiesta pulizia, astenersi perditempo.

A proposito di fase compositiva, come si svolge? In un gruppo può capitare di tutto: dal leader carismatico e iper-compositivo che sforna brani su brani, alla totale cogestione della situazione. Io credo che la migliore soluzione sia nella giusta miscela tra i due estremi selezionando ciò che è realmente di qualità.

I nostri pezzi nascono essenzialmente in sala prove e sono il risultato di jam costruite attorno ad una intuizione. Potrebbe accadere che Massi o Michele arrivino in sala con un riff o un giro di basso provato a casa e da lì si inizia a costruire l'architrave del pezzo. Ciò che mi sorprende ogni volta è la magia grazie alla quale da un pezzo in nuce, ed il più delle volte lontano anni luce dalla forma definitiva, si possa arrivare al brano finito. Credo che questo processo compositivo sia la linfa di ogni band. In ultima istanza arrivano i testi.

Una domanda stupida che si sente fare spesso e che mi ero ripromesso di non farvi: i vostri idoli, i guru musicali che ci si porta sempre dentro, chi sono? In cosa vi influenzano a livello musicale, di sonorità, di approccio alla musica e al palco?

Io parlerò essenzialmente per me stesso, anche se il discorso potrebbe valere anche per Massimiliano (basso) in quanto abbiamo gusti musicali quasi sovrapponibili (salvo che per alcune sue pericolose derive pop/commerciali che ci lasciano, talvolta, senza fiato. Adesso mi ammazzerà… ma l’ho detto!!). I miei numi tutelari sono da sempre gli Smiths e Morrissey. Mi sono cibato della loro musica e delle sue parole sin da adolescente, ho vissuto tutta quella fase e le successive della mia esistenza in loro (sua) compagnia ed a conti fatti credo che ne abbiano determinato le sorti future.

Ma potrei citarti decine e decine di band che hanno segnato in modo indelebile la nostra vita di ascoltatori e musicisti: Joy Division, The Cure, Japan, soltanto per rimanere tra i classici, per passare ai sottovalutatissimi Felt e Josef K. Per non uscirne come dei matusa nostalgici, posso comunque dirti che siamo molto attenti anche alle sonorità che imperversano sul web oggi: Hatcham Social, The Dears, Neil’s Children, The Horrors. Sono soltanto alcune delle band che apprezziamo. Ad essere sinceri, però, non credo che nessuno di questi personaggi ci abbia influenzato nelle categorie da te menzionate.

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