sasha grey love

#8: La crisi di un quarto d’età

Dentro la Capoccia: racconti sul primo anno di vita nella Capitale

Che poi, la mia Coinquilina del Nord, è pure una bella ragazza.

Ha gli occhi chiari, un bel sorriso, un cervello senza strati di polvere. Si è trasferita da poco in Capitale e sta cercando un lavoretto per arrotondare. Mentre stavamo tutti in cucina, immersi nei nostri compiti per casa, sbuca dalla porta, tutta eccitata.
“Oh ragazzi, forse ho un colloquio!”
“Grande!”

“Praticamente, mi ha chiamata un tizio, dice che ha visto il mio annuncio per le ripetizioni di inglese su un sito. Mi fa che cercano persone da inserire nella loro casa di produzione cinematografica, che ho un bel curriculum, una faccia pulita e che gli piacerebbe farmi un colloquio…”

“Grande!”

“… sì, beh, in poche parole sono andata a vedere e questa casa produce materiale hard.”

“Grandissimaaa! Che fai, ci vai?”
“Boh, non so”, dice con un sorriso: “Ci devo pensare…”

“Va bene Coinquilina del Nord, intanto che ci pensi, io mi metto un’oretta al letto…” – le dico.

Avevo passato tutta la giornata a studiare e a lavorare a dei progetti al pc, ero del tutto rincoglionito, ma andiamo per ordine.

Ci sono certe cose che possono essere spiegate solo fino a un certo punto. La guerra? La sensazione della prima firma del libretto del liceo? La perdita di un familiare? L’emozione del sesso? Il momento in cui si prende la patente? Il vivo ricordo di un nonno? La prima vacanza, la prima casa, il primo “Sì” all’altare…

… sì, pure: ma soprattutto c’è una cosa: il tavolo.
Sì, il tavolo. Il tavolo della cucina.

Sì perché se non ci sei passato non sai che pugno in faccia possa essere svegliarti alla mattina, andare a farti il caffè, col pigiama che pesa un quintale tanto ti teneva attaccato al letto e trovare il tavolo sporco. Tipo sporco dalla sera prima: macchie di sugo, piatti incrostati fracichi, bicchieri con la posa del vino che sta mettendo le radici, giornali, libri, caricabatterie, tutto.

La sensazione di trovare il tavolo vuoto e pulito, al risveglio, prima di farti il caffè, è qualcosa dal sapore unico e speciale. Sarei pronto ad azzardare che gli studenti fuori sede, consapevolmente o no, quel tavolo pulito di casa, se lo sognavano tutte le mattine.
Beh, sai che c’è?

Che ultimamente il tavolo della mia cucina, nella Capoccia, è sempre pulito. E questo sarebbe stato meraviglioso qualche tempo fa. T’immagini che bello? Il tavolo pulito!

Ma adesso è diverso: quel lustro mattutino si porta appresso innumerevoli considerazioni, troppe, per poter essere analizzate come si deve.
Una su tutte: qualcosa sta cambiando.
Certo non ho ancora voglia di sposarmi, fare un figlio, comprare una monovolume, sabato al centro commerciale e domenica al parco. Non mi sento troppo vecchio per una sana sbronza, o una colazione al bar prima di andare a dormire. Non mi sento vecchio per studiare, per giocare a pallone, tutta sta roba.

Non posso avere una crisi di mezza età, però ecco: qualche avvisaglia c’è.

Per esempio un lavoro. Un lavoro mi piacerebbe. Magari retribuito pure. Non per forza un tirocinio, o stage o apprendistato, o lavoro flessibile o per forza una forma di sorridente schiavitù dei giorni nostri.

Direi che è più una crisi di un quarto d’età: ti senti pronto per il mondo vero, hai voglia di camminare con le tue gambe, di piena indipendenza, godertela e sacrificarti. Però niente, non si può. La società ci impone le scadenze della nostra vita e, anche se siamo pronti a tutto, coi nostri bei titoli appesi sui muri delle nostre camerette, non si può ancora fare: c’è prima la gavetta.

Ti accorgi che la bella vita, come la concepivi tre o quattro anni fa, non è poi la pace dei sensi. Lo stare bene diventa qualcosa di diverso e non è più legato allo stare in piedi fino a tardi. Magari ti metti in testa di MANGIARE SANO quando qualche tempo fa queste due parole non pensavi nemmeno di metterle nella stessa frase. Magari inizi a preferire i concerti alla discoteca, il ristorante al Mc Donald’s, il localetto alla birra seduti sulle panchine di San Lorenzo. Senza ancora rinunciare né a uno né all’altro.

Facciamo un sacco di cose, con la consapevolezza che ci portano via il tempo per le altre. Stiamo crescendo tutto a un botto, e male. Inizi ad apprezzare il valore dell’ozio, del riposo, e magari preferisci andartene al cinema, che catapultarti in qualche centro sociale ad ingurgitare MDMA come fosse pane e nutella. Capisci che stare male tre giorni per una bevuta non è che sia un traguardo colossale, ridurti all’ultimo giorno per prepararti a un esame dopo aver frequentato tutti i festini possibili e immaginabili in case sempre incasinate e sovraffollate va bene, ma fino a un certo punto.

Fatto sta.
Quando mi sveglio dal mio sonnellino trovo casa vuota.
Ero troppo sfiancato dalle mie nuove attività e, al ritorno dalla mia dormita, in cucina non ho trovato nessuno, a parte il tavolo.

Vuoto, pulito, immacolato.

Ecco, mi sono messo al computer per tirate fuori qualcosa da buttare su questa rivista e di questo ho dovuto parlare: del tavolo.
Eccoli, gli effetti della crescita.
Forse la mia coinquilina è andata al provino e magari, qualche tempo fa, sarei stato qui a raccontarvi delle sue peripezie in lingerie davanti a un’intera troupe cinematografica. Invece di star qui a discutere di oggetti d’arredamento.

Che cosa avreste preferito, non lo so.
So che cosa avrei preferito io.

Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

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