barry seal tom cruise poster

Barry Seal – Una storia americana – Doug Liman

Prendete Ethan Hunt, levategli l’attitudine da tipo tosto e immaginatelo un po’ più goffo, con acuto senso degli affari e una sorniona spregiudicatezza: otterrete Barry Seal, pilota della TWA che verso la fine degli anni Settanta viene ingaggiato dalla CIA per sorvolare alcune zone del Centro America e fotografare celle di matrice comunista; successivamente niente meno che Pablo Escobar decide di assoldarlo per smerciare cocaina verso la Florida; quindi, arrestato, viene liberato dalla DEA a patto che consegni armi in Nicaragua ai contras americani per sedare la ribellione dei Sandinisti, in atto negli anni Ottanta. Riuscendo a gestire il tutto senza interferenze, Barry si arricchisce a dismisura creando un enorme business dell’illegalità. Fino a quando qualcosa sfugge al suo controllo e da lì in poi sarà sempre in salita.

Parabola ascendente e discendente, tratta da una storia vera, di un self-made man americano (abbreviato astutamente in American Made, titolo originale) che, a dispetto della sua pacatezza, riesce a costruirsi un impero solo facendo le cose giuste e parlando con la gente giusta. Una sorta di Tony Montana al contrario, dove non sono freddezza e spietatezza i combustibili della sua ascesa, bensì professionalità, cordialità e il sorrisone di Tom Cruise che ben conosciamo. In parte si deve proprio a lui l’interesse che a poco a poco suscita questo Barry Seal – Una storia americana: scevro dalle doti di eroe cui siamo abituati, lo vediamo sempre tranquillo, sornione, talvolta impacciato e senza mai perdere la pazienza, neanche quando costringe la moglie a cambiare casa nel cuore della notte per scappare.

Dall’altro lato, l’esperta regia di Doug Liman (veterano di film action e spionistici) insieme alla sceneggiatura frizzante di Gary Spinelli delineano un film che tratta temi delicatissimi – l’azione della CIA durante la guerra fredda, l’ascesa di Escobar, il “finanziamento” ai Contras – con ricercata leggerezza ed ironia; temi questi inscenati da innumerevoli film e drama series. L’azione qui è declinata non alla violenza, ma all’umorismo. L’eterogeneità di linguaggio è riscontrata anche dal saltuario inserimento di filmati di repertorio alternati alla fiction, segno dell’importanza rivolta al momento storico.

Gli eventi si susseguono rapidi e si ridacchia quando Barry si ritrova contanti in ogni angolo della casa, ma proprio qui si dipana il grande sberleffo al sogno americano: si intuisce l’altra faccia del capitalismo imperante, quella parte marcia e nascosta che non si vorrebbe mai conoscere e credere; questo appoggiato da una giustizia che sceglie di reclutare per proprio interesse anziché condannare chi commette un grave reato. Ma non si scade mai nella retorica, anzi si ride di nuovo quando Barry, rivolto in camera e divertito, esclama: “e poi ditemi che l’America non è un paese stupendo!”.

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