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Living Room Songs – Olafur Arnalds

C’erano una volta Beethoven, Strauss e Mozart. Le basi della musica classica e in generale di quella che è definita la seconda arte; tre menti geniali che ancora oggi hanno un’influenza notevole, anche per le composizioni più moderne. Oggi ci sono Peter Broderick, Nils Frahm e Olafur Arnalds: un americano, un tedesco e un islandese, fiore all’occhiello della scena neoclassica.

Lo so, il paragone probabilmente può sembrare esagerato, ma è fatto per sottolineare il grado di creatività di questi tre artisti che negli ultimi anni son riusciti, in maniera elegante e alternativa, a rinnovare il concetto di Musica classica aggregandola e accostandola ad altri generi.

Fra questi tre quello di maggior talento, a mio parere, è Olafur Arnalds: aldilà della bravura tecnica indiscutibile, il venticinquenne islandese con le sue composizioni riesce costantemente a materializzare l’anima e tutte le sue evoluzioni; la sua musica a volte è come un sole caldo in una giornata invernale e altre è come una pioggia burrascosa in piena estate.

Olafur Arnalds è un musicista eclettico: ha cominciato con due band harcore/metal, Fighting Shit e Celestine, e ha suonato il piano, la chitarra e il banjo nel progetto My Summer as a Salvation Soldier. Le sue prime prove da solista sono state Euology for Evolution (2007) e Variations for Static (2008). In quello stesso anno viene notato dagli Sigur Ros, che decidono di portarlo in Tour.

Nel 2009 seguono Found Songs e Dyad 1909, uno dei suoi migliori lavori in quanto perfetto mix fra elettronica e musica classica (Til Enda e Brotsjor, sono due composizioni che definire sublimi è dire poco e non rende l’idea dell’eleganza, della bellezza estetica del pezzo e dell’impatto emotivo che provoca l’ascolto). L’anno scorso è stato il turno del discreto …And They Have Escaped the Weight of Darkness, disco più intimista, più “classico” dove la componente elettronica sparisce quasi del tutto.

Nel 2011 si mette al lavoro per un nuovo album. Come lui stesso dichiara, solitamente, in fase di composizione, registra le sue opere con il telefonino per ricordarsele poi in fase di registrazione in studio. Una sera ne era sprovvisto così decise di filmarsi durante la fase creativa. Riguardando il video, ne rimane così entusiasta che decide di associare l’idea di filmarsi mentre compone con quella che sta alla base dell’Ep Found Songs: comporre e registrare un brano al giorno per una settimana, nel soggiorno della sua casa, e pubblicare il video. Cosi nasce il nuovo album Living Room Song, prodotto dalla Erased Tapes Records, label londinese, fra le più interessanti fra le etichette indipendenti.

Olafur Arnalds si è avvalso della collaborazione di quattro musicisti per gli archi (che si moltiplicano in un paio di occasioni) e in alcuni pezzi c’è anche chi si occupa delle tastiere e della parte elettronica (anche se la sua presenza è minima anche in questo lavoro). Lui è quasi sempre al pianoforte o talvolta dirige “l’orchestra”. Lo stile non è molto lontano da quello dell’ultimo album: piano-centrico con una tendenza al minimalismo che si alterna ai suoni malinconici e avvolgente del violino e “fratelli”. Suoni perfetti per descrivere il concetto di Casa, co-protagonista dei video postati, luogo sicuro e rifugio delle nostre variopinte emozioni quotidiane.

Un piano armonico introduce in punta di piedi Fyrsta, la composizione del lunedì, nella quale col passare dei secondi gli archi prima in maniera sommessa e poi prepotente prendono il sopravvento. Near Light è l’unica a racchiudere in sè un po’ di elettronica (seppur in maniera quasi subliminale); mentre il crescendo emotivo di Film Credits vede la scomparsa di Olafur come strumentista per trovarlo in un’inedita veste di direttore degli archi, protagonisti assoluti.

A metà strada troviamo uno dei pezzi più belli dell’album ovvero Tomorrow’s Song: una raffinata e romantica ballata per piano che accompagna le inquadrature di vari angoli della casa e poi una ragazza, con una coperta addosso, che fa da spettatrice. Le inquadrature si fanno sempre più strette e le atmosfere sempre più intimistiche e raccolte, come dimostra il successivo brano Agust, che sembra una conversazione a tre tra il pianoforte e i due violini.

La lunga introduzione pianistica di Lag Fyrir Ommu, è una delle parti più malinconiche del disco; lentamente il piano si spegnerà per dar spazio all’orchestra di archi di ben 12 elementi, perfettamente sincronizzati e affiatati. Per l’ultimo giorno e l’ultima composizione, vi è anche un piccolo pubblico: This Place is a Shelter riesce a trasmettere perfettamente l’idea di rifugio, di benessere che quel luogo chiamato casa trasmette. E’ il pezzo più dolce e cristallino dell’album e conclude in maniera trionfale un esperimento ben riuscito.

Living Room Songs probabilmente non è il miglior lavoro del talento islandese ed è una sorta di prosecuzione naturale del precedente disco: ciò che dà forza alle sette composizioni sono le immagini, che unite alla musica riescono a descrivere, in maniera ineccepibile e quasi poetica, la sensibilità dell’artista in fase compositiva collegata a un luogo specifico, in questo caso la casa di Olafur Arnalds, che scandisce il nostro tempo quotidiano. Parafrasando Thoreau: “«Quando ascolto della musica (di Olafur Arnalds), non temo pericoli. Sono invulnerabile. Non vedo nemici. Sono imparentato ai tempi primordiali e a quelli più recenti”». Ascoltate Living Room Songs e questa è la sensazione che avvertirete.

Grazie


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