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Another Happy Day – Olafur Arnalds

Qualche mese fa vi avevamo parlato del nuovo interessante progetto di Olafur Arnalds ovvero Living Room Songs, 7 composizioni in presa diretta, composte in 7 giorni e supportate da registrazioni video. È passato solo qualche mese e il genio islandese torna con un nuovo lavoro, che nasce da presupposti completamente diversi.

Quante volte avrete letto o detto, che la musica del compositore islandese sia cinematografica o si adatti alle immagini di qualche pellicola? Ebbene, il regista esordiente Sam Levinson ha pensato bene di passare dalle parole ai fatti e ha proposto ad Olafur la scrittura della colonna sonora del suo film “Another Happy Day”.

La pellicola, acclamata al Sundance Film Festival del 2011, e che vede nel cast Demie Moore ed Ellen Barkin, è una black-comedy comedy che va ad analizzare le dinamiche familari di una famiglia allargata. È difficoltoso il commento ad una colonna sonora, senza aver visto il film, ma stando alla lettura della trama e al genere in cui si inserisce, la musica di Olafur Arnalds dovrebbe incastrarsi bene come accompagnamento alle immagini.

C’è da dire subito che probabilmente che non siamo di fronte ad un lavoro entusiasmante, in quanto il compositore islandese sperimenta meno, tende verso un classicismo tradizionale, senza però cadere mai nella banalizzazione o in una drammatizzazione enfatizzata. Non mancano i tocchi di classe, viene incrementato il livello di intimismo e nel complesso il lavoro risulta gradevole e coinvolgente, e fa emergere il talento di questo musicista che continua a sfornare senza sosta musica di alto livello.

L’inizio con Land of Nod è insidioso e teso: il pianoforte è minimale, così come l’inserimento degli archi; a rendere il tutto più inquietante arriva il rumorismo finale, colpo di scena di grande effetto. La successiva Through The Screen si spoglia di qualsiasi eccesso e regala l’intera scena al pianoforte, ancora una volta modulato e controllato, che riesce ad eliminare la tensione del precedente pezzo, ma mantiene una romantica malinconia.

Ma non è tempo per le distensioni e in Before the Calm rientrano in scena gli archi che preannunciano l’arrivo di una burrasca: una fra i pezzi più corti dell’album ma che meglio riesce a trasformare le note in immagini. Atmosfera più rilassata con violini più dolci segue in Lynn’s Theme, che va ad introdurre il personaggio della madre interpretato da Ellen Barkin. Un brano che non spicca per particolare creatività. Decisamente più ispirato è Alice Enters, nel quale l’intreccio tra pianoforte e archi è più convincente, grazie soprattutto allo stile “ovattato” che viene impresso dagli strumenti. Questo va a riprendere il mood dei pezzi precedenti, con un accentuato senso di desolazione. Fra i pezzi più convincenti dell’album.

Le stesse sensazioni si avvertono in The Wait, dove sparisce il pianoforte e la bellezza del brano è data dall’alternanza del suono con brevissimi attimi di silenzio (una cosa simile si sente in Autumn Day, ma il risultato è leggermente sottotono). A Family Stroll, riprende le trame sonore di Alice Enters, ma nel finale ritrova quell’aspetto rumoristico di inizio album, che presagisce una “passeggiata di famiglia” non terminata nel migliore dei modi.

Poland, è il pezzo che mette in maggiore risalto le qualità di pianista di Olafur Arnalds: il modo cristallino e sublime pone quasi in secondo piano gli interventi del violino, anche se questi nel finale prenderanno la scena, smorzando quell’aria più rilassata che si è respirata per la maggior parte del pezzo. Il meglio arriva con Out of Sea, un brano che inizia sugli standard dei pezzi precedenti ma che si trasforma in una marcia crescente, in cui il suono è più consistente e tangibile.

E quando ti aspetti che il finale sia affidato ad un pezzo pieno di miele e rassicurante, vieni spiazzato da Everything Must Change, tra le migliori cose in assoluto ascoltate negli ultimi lavori di Olafur: pezzo bizzarro, imprevedibile, convulso con archi taglienti, piano velocizzato e l’elettronica in aggiunta. Epocale e sinistro, che trova solo nel finale una quiete, acquisita dopo tanto spargimento di dolore.

Un pezzo come quest’ultimo, e altri lampi di genio, confermano quanto talento ci sia in questo ragazzo islandese, che anche in un lavoro nel quale non ha espresso il massimo della sua creatività, riesce comunque a realizzare un album che si pone al di sopra dei lavori di molti altri compositori che si cimentano nella realizzazione di colonne sonore.

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