Foto ©Marco Delogu

Una Sera Delitto/Una Sera Castigo – Rubini & Bellocchio

Sergio Rubini e Piergiorgio Bellocchio regalano al Teatro Argot, per i suoi trent’anni, la mise en espace di uno dei testi più conosciuti e complessi di Fëdor Dostoevskij, Delitto e Castigo.

Una sera delitto / una sera castigo, frutto di un lavoro di riduzione del testo, ripercorre il tema centrale del romanzo: è giusto uccidere per un fine superiore? Per il giovane Raskol’nikov, infatti, il delitto rappresenta un limite da superare, essenziale per la costruzione della propria identità umana. Ma il delitto genera a sua volta il castigo, l’espiazione necessaria per chiudere il cerchio di un rito di iniziazione. Su questo doppio binario si basa la regia dello spettacolo che ripercorre lo stile di scrittura del romanzo, dove la terza persona viene continuamente interrotta dai pensieri del protagonista. Da qui nasce l’esigenza di creare un testo a due voci, diviso in due serate, innestate da suoni e voci fuoriscena.

Prova d’attore difficoltosa e ardita che permette di sperimentare una tecnica di lettura complessa e ricca di varianti. La fisicità degli attori lascia spazio alle voce e alle sue potenzialità espressive, il corpo serve solamente come mezzo per accompagnare emozioni e stati d’animo. Potremmo definirla una regia radiofonica studiata per rendere al meglio i diversi personaggi di questo romanzo polifonico, pilastro della letteratura moderna.

Una sera delitto

Una scena scarna, fatta di luci e ombre, molte ombre. I due attori aspettano il pubblico di spalle e poi danno la parola alle voci del testo. Quella del giovane “Rodja” prima di tutto, lo studente universitario protagonista del romanzo, che per liberarsi dalla miseria decide di uccidere la vecchia usuraia, avida sorda e malata, dalla quale impegna i suoi beni.

La scelta dei brani, più che ripercorrere il romanzo, si concentra su una chiave evocativa e sensoriale, che ci dà l’impressione di essere all’interno di un sogno, fatto di voci e suoni: il rumore di passi, quello di un chiavistello nella porta, il vociare delle bettole; in questa maniera si crea un radiodramma vivo che permette di dare ritmo alla narrazione. La tensione creata da questo montaggio non parte subito, ma si sofferma, si dilata, per raccontarci Raskol’nikov e gli altri personaggi del romanzo. Vengono così evocate le miserie della famiglia Marmeladov, le vicissitudini alcoliche di Semën Zacharovič, della moglie e della figlia Sonja che per colpa del padre è costretta a prostituirsi. Sullo sfondo, ma sempre presente, troviamo Pietroburgo: città odiata da Dostoevskij, invisibile sulla scena eppure viva, cupa e claustrofobica.

Improvvisamente, la macchina sensoriale di suoni e voci accelera e ci racconta il sogno lucido del protagonista, quello di una cavallina esile frustata a morte e finita poi a picconate. Il passo – letto da Rubini – ha la forza di riprendere le fila del racconto e innestarsi nel montaggio del testo poco prima dell’apice, del culmine della tensione, quando l’incubo diventa realtà: Raskol’nikov compie il delitto.

Una sera castigo

Tre colpi secchi, il rumore del cranio che si spezza e poi il sangue. Il castigo di Raskol’nikov inizia con un rito di espiazione tribale, davanti allo schizzo di una Madonna su un cartone attaccato al muro. Egli è riuscito a infrangere il normale ordine della natura, ma il rimorso e la paura d’essere scoperto, ora, lo imprigionano ancora di più nella mediocrità degli uomini ordinari.

In questa parte dedicata al castigo la lettura si fa più dinamica, mossa dai rumori fuori scena che sembrano più coesi rispetto alla struttura del testo. Bellocchio rimane nei panni di Rodja (del quale imprime con efficacia le ossessioni, faticando invece in veste di narratore), mentre Rubini torna a essere la voce narrante e quella degli altri personaggi, mostrando tutta la sua versatilità. Senza dubbio la caratterizzazione più riuscita è quella di Arkadij, doppio del nostro eroe, perdente depravato incapace di salvarsi. Anche qui, come in “Delitto”, è sempre un sogno a evocare gli umori e i segreti più nascosti: una visione inquietante che lascia emergere tutta la depravazione di Arkadij e colpisce per la crudezza della sua realizzazione scenica. La scelta dei brani dunque mette in luce un montaggio drammaturgico riuscito che lega il filo narrativo della vicenda focalizzandosi su immagini forti ed emblematiche.

A un tratto, però, il ritmo cambia, l’entrata di Sonja (Vanessa Scalera) spezza l’andamento della lettura e lascia spazio a una scena tutta teatrale: i leggii scompaiono e nella penombra Raskol’nikov/Bellocchio incontra la ragazza salvifica che gli permetterà di redimersi. Un’interferenza troppo melodrammatica tuttavia che lascia lo spettatore disorientato (nonostante l’ottima interpretazione dell’attrice).

Quando infine la lettura ritorna, la rotta vira in direzione dell’epilogo: lasciato in sospeso, senza una vera e propria possibilità di redenzione.

Teatro Argot Studio, Roma – 3 e 6 dicembre 2014

In apertura: Foto ©Marco Delogu

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