quotidiana.com L'Anarchico non è fotogenico

L’anarchico non è fotogenico – Quotidiana.com

Inciampando nel labirinto della noia, può capitare di cadere rovinosamente nei territori dell’apatia. La terza serata di Teatri di Vetro comincia proprio da qui, dal deserto dell’indolenza.

Un palcoscenico che sembra una radura arida: non c’è vita, né rumore, neanche la classica palla di salsola che rotola nella piana desolata. Niente, si ode soltanto un respiro fioco, o meglio, un sospiro: lo sbuffo svogliato di chi nonostante la stanchezza e la nausea si ritrova a vivere; e allora parla, ma piano, ché tanto è inutile accalorarsi: non cambierà nulla.

L’anarchico non è fotogenico è il primo capitolo della trilogia Tutto è bene quel che finisce, un titolo che sembra una lapide, eppure la frase è carica di caustica ironia, perché purtroppo neanche la fine è concessa: si tira avanti, rimasticando i pensieri come un boccone amaro e inutile di tabacco che non si potrà fare altro che sputare via più annoiati di prima.

E i protagonisti di questa non-storia sono proprio due non-cowboy, con tutto il tramonto che il western si porta appresso. Roberto Scappin e Paola Vannoni procedono a una pacatissima rassegna di morti utili, stereotipi da cancellare, cliché da smontare, un’epurazione verbale di tutta quell’inutilità che si continua a portare avanti sospinti dal demone dell’abitudine. L’azione non procede perché non ci può essere appunto alcuna azione, tutto si condensa nell’esasperazione di un tempo morto che è la vita. Così anche i corpi dei due interpreti compiono movimenti ridicoli che scollati dal loro normale agire rivelano e confermano ancora una volta l’inerzia desolante del sopravviversi.

Alla logica ipocrita del progresso, dell’avanzamento o anche solo dell’aspettativa (di un pubblico o di prossimi) Quotidiana.com contrappongono la stasi, non tanto però come modello alternativo, ma quale riflesso cristallino e impietoso di una realtà che quotidianamente viene edulcorata e contrabbandata come autentica. Sebbene lo spettacolo non superi l’ora, tuttavia, l’espediente dell’agonia rischia di accartocciarsi su se stesso e andare in frantumi, sottoponendo a un’eccessiva torsione la collaborazione del pur ben disposto pubblico in sala, che negli ultimi minuti finisce per distrarsi e non prestare più attenzione – purtroppo – alla pregevole drammaturgia.

Lo spettatore non è necessariamente pigro e non sempre attende il colpo di scena che appaghi le aspettative, pertanto c’è da domandarsi se il volontario travaso di indolenza dei – comunque impeccabili – Quotidiana.com non avrebbe potuto svilupparsi in micro-variazioni meno esigenti. Se è vero che il teatro è un atto che nasce effimero e diventa duraturo negli spettatori, temiamo che ieri sera le stimolanti riflessioni di Vannoni e Scappin siano rimaste chiuse dentro le porte del Vascello.

Teatro Vascello, Roma – 17 settembre 2014

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