Tra Zavattini e Paoli, Il cielo in una stanza di Punta Corsara
Debutto romano a 'Le Vie dei Festival' per il nuovo spettacolo firmato da Pirozzi e Valenti
Napoli. Via Miracolo a Milano 43. Il cielo si staglia sulle vite dei condomini tra le crepe di una palazzina che ha subìto un crollo: entra nelle loro case, questo cielo, come uno squarcio imprevisto e improvviso di realtà.
Al Teatro Vascello Il cielo in una stanza non è neanche cominciato che già la scenografia (ideata da Tiziano Fario) ci invita ad andare a curiosare tra le madie, le ante, le porte, i ballatoi attraverso cui si muovono i suoi inquilini, indissolubilmente legati alle macerie come al proprio passato.
Come i burattini Iago/Totò e Otello/Ninetto Davoli di pasoliniana memoria che, gettati nella spazzatura, possono scoprire le nuvole e, insieme a esse, la «straziante, meravigliosa bellezza del creato», così la piccola comunità raccontata da Punta Corsara scorge il cielo sopra di sé cercando, ciascuno a suo modo, di immaginarsi un futuro.
Nati dalla penna di Armando Pirozzi ed Emanuele Valenti (anche regista e attore) i personaggi, con il loro bagaglio di storie, si fanno portavoce delle urgenze artistiche dei sette attori che mostrano di saper fare i conti con la tradizione, cercando allo stesso tempo di rinnovarla.
Il racconto ha inizio negli anni Cinquanta, gli anni della trasformazione urbanistica del nostro Paese, dell’emigrazione in Svizzera, gli anni di Achille Lauro. Ma l’azione principale si svolge negli anni Novanta, in mezzo a ciò che resta di quelle pareti che un tempo avevano rappresentato una solida certezza, quasi un’intaccabile riparo dai cataclismi sociali, politici, economici, di quel luogo intimo chiamato casa.
Veri emblemi di questa condizione, che rende i personaggi impossibilitati ad abbandonare lo spazio condiviso, sono Carmela Amedeo e il «Sotterrato». La prima, interpretata da Giuseppina Cervizzi, trascorre il tempo ad inseguire piccioni con una carabina; del secondo – mai più riemerso dalle macerie, «come se non esistesse niente, più niente al mondo» –, sentiamo solo le parole, grazie alla voce di Peppe Papa, riecheggiare dallo sciacquone di un water.
Presentato a Roma in occasione della XXIV edizione de Le vie dei festival, Il cielo in una stanza è una rivisitazione, in chiave onirica, della classica commedia eduardiana, di cui ricalca la complessità dei personaggi (caratterizzati da un forte senso del paradosso), evocandone in qualche modo quell’evoluzione – prima di tutto drammaturgica – che arriva a rovesciare il senso comune per scoprirvi dietro una verità difficile.
Come nella migliore tradizione del teatro dialettale, la messinscena traspone conflitti e questioni sociali all’interno di un meccanismo comico ben orchestrato, che vede il suo culmine nel momento dell’evocazione, da parte di tutti i condomini, dello spirito del defunto Ceraseno Amedeo (Gianni Vastarella) con tanto di mano cortada, di surrealistica memoria, conservata in una teca.
Niente affatto conciliatorio o consolatorio, il finale rimarrà aperto: il defunto, che parla attraverso la voce degli abitanti perfettamente sincronizzati, non potrà rappresentare l’auspicato intervento risolutore, vòlto a decidere della sorte del giovane avvocato (Christian Giroso). A quest’ultimo, incaricato di risolvere la delicata impasse in cui versano i condomini, sarà delegato il ruolo di cerniera tra i resti del passato e le possibilità del futuro, che gli abitanti cercheranno di immaginare o si rifiuteranno di accettare.
Oltre al dichiarato richiamo al brano di Gino Paoli (qui nell’interpretazione di Mina), che ne costituisce il leitmotiv sonoro, Il cielo in una stanza è anche un omaggio al mondo di Cesare Zavattini (come il nome di via «Miracolo a Milano» suggerisce) e alla sua scrittura, a quel connubio imprescindibile di ironia e poesia del quotidiano, di surrealismo e neorealismo che si insinuano continuamente tra le pieghe del racconto. Proprio come «Totò il buono», protagonista del romanzo dello sceneggiatore, si affidava alla colomba magica per migliorare le vite degli abitanti di un piccolo villaggio di baracche, anche qui i personaggi si ingegneranno ad inventarsi espedienti, ricorrendo all’ausilio di reliquie, di sedute spiritiche, alla filosofia indiana o più semplicemente all’arte di arrangiarsi.
Alla compagnia Punta Corsara va indubbiamente il merito di ribadire ancora una volta la centralità dell’attore e del suo mestiere: un personalissimo percorso di ricerca, quello dei “Corsari”, in cui i teatri diventano luoghi di incontri e scambio, a “cielo aperto”, dove sperimentare modi diversi di raccontare la vita e scommettere su di essa con tenacia e speranza.
Ascolto consigliato
Teatro Vascello, Roma – 8 ottobre 2017
IL CIELO IN UNA STANZA
di Armando Pirozzi e Emanuele Valenti
una produzione Fondazione Teatro di Napoli, 369gradi
con
Giuseppina Cervizzi: Carmela Amedeo
Christian Giroso: Avvocato, Romolo Castellani detto il Conte, Golia
Vincenzo Nemolato: Alce Nero, Secchia
Valeria Pollice: Agente Immobiliare, Lucia Spadaro, Mariella
Emanuele Valenti: Alfredo Cafiero, Responsabile ufficio emigrazione
Gianni Vastarella: Ceraseno Amedeo, Enzuccio Spadaro Ingegnere napoletano
Peppe Papa voce de Il sotterrato
scene Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
disegno e datore luci Giuseppe Di Lorenzo
organizzazione e collaborazione artistica Marina Dammacco
assistente costumista Nunzia Russo
macchinista Walter Frediani
sarta Nunzia Russo
Coordinamento Organizzativo Alessandra Attena
Distribuzione Patrizia Natale e 369gradi
Organizzazione generale Roberta Russo
regia Emanuele Valenti