Foto ©Luca Del Pia

Prometeo: il dono – Simona Bertozzi

Da un lato Prometeo, il Titano che foggiò gli uomini e tentò di emanciparli, dall’altro il suo dono, ovvero quel fuoco mitico che permise al genere umano di possedere la techné, la tecnica. Da questi due punti ha inizio Prometo: il dono (produzione Nexus 2015), secondo dei quattro quadri che compongono il progetto della coreografa Simona Bertozzi intorno al leggendario demiurgo della mitologia greca (che si concluderà nell’autunno 2016).

Quando entriamo, Stefania Tansini e Simona Bertozzi sembrano essere lì da sempre. Di spalle, l’una quasi al fianco dell’altra, solenni e delicate, vesti beige, capelli raccolti, battono con i piedi l’avvio di questa riflessione: è un unico stesso tempo primigenio, che scandisce questa ricerca sulla natura del dono attraverso una tecnica danzata.

Foto di scena ©Luca Del Pia

La sala dello spazio CanGo di Firenze (diretto da Virgilio Sieni e che ha ospitato, in collaborazione con il Teatro della Toscana, il progetto UMANO – Cantieri Internazionali sui linguaggi del corpo e della danza) diventa il campo di azione e reazione di due corpi differenti: movimenti riflessi, colleganze di traiettorie, comunioni di spinte e controspinte—un fraseggio speculare da cui la macchina corpo viene animata e ri-generata. L’uno si fa ombra dell’altro, sfidando le asimmetrie, i punti di un equilibrio sempre precario in una continua tensione che sembra poter non aver fine tante sono le possibilità di esplorare questa forma complessa di ri-conoscenza, che è proprio il presupposto fondamentale del «poter dare».

Eppure ciò che appariva interminabile subirà un arresto: la musica (Francesco Giomi) si infrange sul silenzio, che cala mentre le due danzatrici, ai lati della scena, scrutano l’entrata di Aristide Rontini, terzo e ultimo interprete di questo secondo quadro. Tutta la potenza scenica del suo assolo si manifesta già nella sola presenza: paralizzante come una linea spezzata, totale come un presente senza domani. Il tempo diventa sospeso, il respiro l’eco finita di una danza magnetica, il corpo un depositario di segni e gesti che si scontrano su un pavimento che non vuole cedere.

Foto di scena ©Luca Del Pia

Alla propria finitezza si risponderà allora forgiando una nuova comunità: dopo un cambio d’abiti in scena, i tre interpreti si accolgono includendosi a poco a poco in disegni aerei e geometrie catalizzanti nuove forze, nuove leve; i loro gesti si accumuleranno in una velocità progressiva, esponenziale e giocosa in grado di rivaleggiare con i vincoli che quella stessa tecnica imporrebbe.

Dopotutto Prometeo, offrendo loro il fuoco, fece anche un altro dono agli uomini: l’oblio della morte. E chissà che non sia proprio questa la forza motrice di una danza che a fine spettacolo continua nel buio a “seminare la speranza che non vede”.

CanGo-Cantieri Goldonetta, Firenze – 28 ottobre 2015

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