The Garden – Beutler.Foto di scena. ©Anja Beutler

Per una nuova genesi del corpo

La danza di Hugonnet, Russo e Beutler a Romaeuropa

Un corpo non è solo un corpo. Un corpo può diventare un giardino, parlare senza aprire bocca, essere il prolungamento di una materia che non gli appartiene. È possibile? Con la danza certamente sì, soprattutto con quella che abbiamo visto al Romaeuropa Festival. Stiamo parlando in particolare degli spettacoli di Yasmine Hugonnet (Le Récital des Postures), Lara Russo (RA–ME, Cercare coraggio/ Proteggere innocenza) e Nicole Beutler (3: The Garden) che, pur nelle dovute differenze, sembrano intessere stretti legami tra biologia e artificialità, improvvisazione e rigore tecnico, presenza viva sul momento e archeologia del corpo, ridisegnando così, ciascuno a suo modo, una nuova genesi del corpo – e quindi dell’uomo – che passa necessariamente attraverso il gesto coreutico.

• Yasmine Hugonnet Le récital des postures

Con Yasmine Hugonnet il corpo diventa una macchia, un insetto strisciante, una scultura astratta à la Hans Arp: un’associazione lasciata alla libertà di chi guarda.

Eppure in scena c’è solo la danzatrice e coreografa svizzera al centro di una scenografia bianca minimale, in realtà studiata nei minimi dettagli per far risaltare in un gioco di luci e ombre (D. Dardant) il corpo nelle sue varie “posture”, che costituiscono proprio l’oggetto di studio di Le récital des postures. Gli iniziali movimenti a ralenti della danzatrice, uniti alla visione prolungata nell’oscurità sembrano dilatare i connotati abituali del corpo per trasformarlo in una sostanza metamorfica indagata nelle sue possibilità: ogni postura diventa così un attraversamento corporeo di mondi inesplorati cui corrispondono diverse concatenazioni muscolari, diversa energia e qualità di presenza, spesso ironica.

E infatti il rischio di trasformare questa partitura in un esercizio puramente astratto e concettuale è scavalcato brillantemente dall’espressività magnetica e giocosa di Hugonnet, una nuova Eva più disincantata e auto-ironica che si muove fra tecnica centellinata e spontaneità, il cui corpo è un reperto scarnificato di qualsiasi semantica prestabilita. Niente infatti è da interpretare, o costretto nelle maglie di una narrazione: tutto è ricondotto alla superficie, alla nudità femminile esplicita eppure sempre misterica capace di generare associazioni sempre nuove, all’archeologia del corpo svuotata fino all’essenziale in virtù però di una “piena” padronanza tecnica. Il corpo che infine parla nell’ultimo, esilarante esercizio di ventriloquia, facendone una cassa di risonanza di vibrazioni sonore.

• Lara Russo RA – ME, Cercare coraggio/Proteggere innocenza

Il rapporto fra tecnica e improvvisazione, l’indagine della presenza del danzatore rispetto al momento presente, il ritorno all’origine, sono tutti elementi che si ritrovano, pur diversamente, anche in RA – ME, Cercare coraggio/Proteggere innocenza di Lara Russo (vincitore del premio DNAppunti coreografici): la riscrittura di una Storia inedita tutta al maschile rapportata all’alterità della materia –  il rame – per esplorarne le possibilità d’interazione con l’uomo, come i legami reciproci, differenze e punti di dis-continuità. In scena solo i tre danzatori (D. Tagliavini, A. Palumbo, L. Delfino) avvolti nell’oscurità, la cui pelle sembra quasi un prolungamento diretto delle tre aste di rame che con loro sono le protagoniste.

Quasi con la stessa reverenza dei samurai, i tre danzatori cominciano con lentezza ad esplorare peso, consistenza e proprietà di questo oggetto freddo, in apparenza ostile e apparentemente poco incline ad un dialogo coreografico. Come rapportarsi allora con questo metallo così estraneo e allo stesso tempo così essenziale alla vita dell’uomo? Ecco che il rame diventa il pretesto per studiare le possibilità della materia e del corpo, proprio e altrui – stabilire complicità, darsi aiuto reciproco, anche con la possibilità di essere assoggettati – man mano che i tre trovano il coraggio di esplorare più a fondo le geometrie corporee, gli incastri e le sospensioni ora sempre più interagenti fra loro.

Il rame diventa così la metafora di tutto ciò che è considerato estraneo, altro da sé, ma che pur sempre necessita un confronto possibile soltanto attraverso la conoscenza (in fondo, esplorare il ra-me è possibile solo grazie a un “me” che lo consente) che infine fa cadere ogni barriera. Come nella sequenza finale, in cui le aste sono messe in disparte per lasciare i tre danzatori liberi di esprimersi in linee sinuose e dal tocco delicato, come fossero gli esponenti di una nuova stirpe adamica dai tratti più gentili che infine si accartocciano su sé stessi come dei bozzoli, innocenti perché intrappolati in una nuova nascita.

• Nicole Beutler 3: The Garden

Se l’anelito a tornare all’essenzialità attraverso una scarnificazione degli elementi è per lo più una metafora sottintesa nei due spettacoli appena visti, in 3:The Garden della coreografa olandese Nicole Beutler ci troviamo invece davanti all’ambizioso intento di riscrivere letteralmente la storia dell’umanità, in un’esplosione più “barocca” di segni e di colori, per chiedersi se sia giusto tornare all’origine o meno. In un sistema capitalistico ricco di opulenza e sovrastrutture, e che per contro-bilanciarsi predica il ritorno ad uno stile di vita più frugale e in armonia con la natura, che posto ha l’uomo contemporaneo? Nicole Beutler getta la domanda nella riscrittura di una nuova Genesi coreografica surreale e sui generis.

In principio era il nulla: mentre la voce off di un danzatore ricostruisce nelle parole l’inizio del mondo e la sua evoluzione secondo le teorie scientifiche, sul palco prende vita un’altra storia, quella biblica di Adamo e Eva mutuata dal Giardino delle Delizie di Bosch.

Quello tra scienza e religione però è solo uno dei tanti contrasti che innervano questa danza dicotomica incastonata tra natura e cultura: c’è quello tra la musica elettronica (G. Shepherd) e i rumori naturali del paesaggio, quello dei danzatori a metà strada fra uomini primitivi e membri di una comunità hippy all’avanguardia, e soprattutto quello della danza stessa che segue il caos orgiastico di una natura primordiale e ferina cui si contrappongono composizioni armoniche e perfettamente speculari ricalcando il principio di simmetria e quindi bilanciamento dei contrasti, presente in qualsiasi manifestazione vitale. L’insieme dei corpi diventerà così un giardino umano che sboccia letteralmente davanti al pubblico, grazie agli incastri e scomposizioni di gruppo che propagano il movimento in tante onde caleidoscopiche, formando a volte figure mitologiche a metà strada fra uomo e donna, senza tralasciare una certa dose d’ironia.


“We are dancing together” (non) pronunciava Hugonnet, e i danzatori di Beutler sembrano quasi risponderle quando dicono che “the space is empty without us”. Lo spazio è da riempire con l’ultimo rave party di questi guerrieri furenti e pittati di colori sgargianti che inneggiano all’amore libero, vivono seguendo il ciclo della natura e si sottraggono alla vita civilizzata. La domanda posta all’inizio, però, rimane: è questa la strada da percorrere? Beutler lascia consapevolmente il finale aperto e la risposta altrove.

Letture consigliate:
• Il desiderio secondo Vandekeybus: a Romaeuropa il revival di ‘In Spite of Wishing and Wanting’, di Sara Curati
• Il balletto è morto? Viva il balletto! ‘Sylphidarium’ di CollettivO CineticO, di Sarah Curati
• Appunti Critici: una settimana di ricerca DNA, di Giulio Sonno

Ascolto consigliato:

Teatro India, Roma – 4 e 6 novembre 2016

Crediti ufficiali:
 

LE RÉCITAL DES POSTURES (creazione 2014)
Coreografia Yasmine Hugonnet
Compagnia Yasmine Hugonnet / Arts mouvementés
Collaboratore artistico Michael Nick
Creazione luci Dominique Dardant
Costumi Scilla Ilardo
Sguardo, Ripetizioni Ruth Childs
Consigliere drammaturgico Guy Cools
Responsabile di diffusione Jérôme Pique
Amministrazione Virginie Lauwerier
Foto © Anne-Laure Lechat

RA-ME
Coreografia Lara Russo
Con Davide Tagliavini, Andrea Palumbo, Lucas Delfino Suono Mahatsanga Le Dantec
Con la collaborazione di Yesenia Trobbiani
Supporto Cango/Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza Firenze, Il Centro per la Scena Contemporanea/Operaestate Festival del Comune di Bassano del Grappa, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Fondazione Romaeuropa, Gender Bender di Bologna, Teatro Grande di Brescia, Residenza IDra e Residenza Multidisciplinare arte transitiva diretta da Stalker Teatro, Leggere strutture Art Factory, Acs Abruzzo
In collaborazione con Teatro di Roma
 
3: THE GARDEN
Concept, Coreografia, Regia Nicole Beutler
Musica Gary Shepherd
Disegno luci Minna Tiikkainen
Creazione, Performance Hillary Blake Firestone, Marjolein Vogels, Giulio d’Anna, Niels Kuiters, Felix Schellekens, Christian Guerematchi
Drammaturgia Felix Ritter
Costumi, Scene Suze May Sho: Jessica Helbach, Rosell Heijmen, Connie Nijman
Tecnica (luci) Martin Kaffarnik
Tecnica (suono) Valentijn Berkhout
PR, Fotografia Anja Beutler
Grafica Connie Nijman
Coproduzione NBprojects, Beursschouwburg Brussels, Grand Theatre Groningen
Supporto FPK (Performing Arts Fund NBb3

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