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Domani sarà un giorno uguale a ieri?

Un’infanzia trascorsa tra le colline di Cassine e Ricaldone, nell’alessandrino, senza mai conoscere il padre. Schiacciato dalle voci maligne di paese che volevano della madre una poco di buono; ma come vi permettevate? Poi un cambio di vita per lui, la madre e il fratello: Genova. Dove ignari di ciò che avrebbero dato alla storia della musica italiana crescevano strafottenti Gino Paoli, Fabrizio De André, Bruno Lauzi e altri ancora.

Ed ecco che anche Luigi inizia a suonare il sax con i compagni di liceo ed è bravo, lo vedono e lo sentono tutti: pochi non si accorgono della sua voce così profonda e calda. Ma si cresce e un genitore in quegli anni (ma anche in questi) non è contento che il proprio figlio campi suonando, che futuro potrà avere? E allora ecco che finito il liceo per fare piacere alla madre si iscrive ad ingegneria ma che ci fa lui lì? Se lo chiede ogni mattina. Ma qualche anno dopo arriva il suo primo 45 giri: il disco piace e così trova il coraggio di dedicarsi esclusivamente alla sua musica.

E fa bene. Arriva il successo di critica e di pubblico: i soldi non mancano e la madre, cui sarà sempre legatissimo, gioirà nel vedere il proprio figlio eletto dalla stampa e dalla televisione cantautore di talento. Dopo aver composto canzoni indimenticabili arriva un banco di prova internazionale: il festival di San Remo. La canzone non è delle più belle da lui composte ma comunque non merita di essere sconfitta da Orietta Berti, Claudio Villa e Gianni Pettenati. Loro passano, lui e Dalidà no. E basta, almeno ora, di snocciolare ovvietà che lo vogliono depresso e infelice, che fanno del suo suicidio un gesto assurdo ed esagerato. Lo è stato d’accordo ma il fatto in sé dell’esclusione dal festival era soltanto un pretesto. Alterato dall’alcol e dallo sconforto, vittima dell’umiliazione del momento, non avrebbe mai ripetuto il gesto probabilmente anche solo qualche ora dopo. Ma ci si sbaglia, anche definitivamente, come ha fatto lui, a ventinove anni. Ci si sbaglia e talvolta non si può tornare indietro.

Nonostante il suo carattere solare, ironico e di compagnia (così l’ha dipinto chi l’ha conosciuto veramente) era soggetto a crisi improvvise di malinconia, era troppo intelligente, vedeva cose che chi è mediocre o poco riflessivo non vede sempre; che chi è stupido ignora del tutto. Non so cos’abbia visto e provato quella notte. Una cosa è certa: non è stato in grado di affrontarla ed è scappato nel modo più drastico, facendo un rumore di cui ancora oggi sentiamo l’eco. A Luigi verrebbe il vomito a sentire che le hit del momento le cantano gruppi aspiranti Finley o i Finley stessi; alla banalità dei testi “sull’amore” che le case discografiche pubblicano oggi risponderebbe con un sorriso grande, lo stesso che ha fatto a Orietta Berti, durante le prove, quando qualcuno le ha detto che la sua canzone era da primo premio. E così è stato. Per fortuna non l’hai mai saputo Luigi.

Di messaggi di sconforto ne avevi lanciati ma finché il destinatario era Mike Bongiorno (presentatore di quell’edizione) non potevi pretendere venissero capiti, anche quando poco prima di salire sul palco, il 27 gennaio del 1967, hai detto: “Questa sarà l’ultima volta”, l’unico che ti ha sentito dire queste parole, Bongiorno per l’appunto, non avrebbe mai avuto la capacità di intuire anche solo qualcosa. Forse era meglio riderci sopra a quella sconfitta, ubriacarsi fino a star male e iniziare un nuovo percorso, cambiando rotta! Potevi allontanarti dal mondo dello spettacolo e continuare a fare musica lontano dai media. Quante canzoni abbiamo perso per colpa di quel gesto? Purtroppo a chi è estremamente sensibile capitano dei momenti di autodistruzione e allora niente da ridire, sorvoliamo anche sul colpo che ti sei sparato e mentre riposi tra le colline dove sei stato bambino sappi che non è cambiato nulla Luigi: che ancora oggi trionfano i mediocri, che ancora oggi tralignano le cattiverie e le ipocrisie nei paesi e nelle città dove viviamo.

Non è cambiato proprio niente da allora, e proprio per questo, a maggior ragione, serviresti. Mi manchi. Siamo quasi in primavera e presto la campagna intorno al cimitero dove sei rifiorirà. A guardarla, anche quest’anno, al posto tuo, ci sarò io e tutti quelli che passeranno da quelle parti. Ci sono degli scorci così suggestivi da sembrare finti: non so se puoi ricordarli, di certo non puoi più vedere quel mare di verde. Non sai cosa ti perdi Luigi.

Vedrai vedrai, vedrai che cambierà, forse non sarà domani, ma un bel giorno cambierà


Grazie


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