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Directions – Stephan Komandarev

Nel film Directions, presente nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes edizione 2017, il regista bulgaro Komandarev si serve della figura del tassista e dei vari scorci di tratti di strada percorsi da più taxi, per raccontare le ingiustizie sociali, i soprusi, le idee e le opinioni più disparate, diffusi nelle molteplici difficoltà del vivere quotidiano della Bulgaria odierna e, allargando ancor di più lo sguardo, forse dell’Europa stessa.

Immerso nel dedalo della realtà delle metropoli moderne, il tassista è raccontato molto spesso dal cinema nella sua immediata disponibilità a raccogliere le confidenze dei suoi clienti e nella sua capacità di percepire e mettere in luce, ora con divertente ironia ora con tragica e amara verità, i mali più diffusi, le convinzioni e i pregiudizi sottostanti la quotidianità della quale si fanno portavoce i suoi interlocutori. Sotto questo profilo, basti ricordare Night on Earth di Jim Jarmusch o il più recente Taxi Teheran di Jafar Panahi, vincitore del Festival di Berlino 2015.

Nonostante il suo ampio utilizzo, l’idea di sfruttare la figura del tassista per mettere sullo sfondo della trama una critica di tipo sociale rimane sempre strategicamente vincente e Directions ne è appunto un’ulteriore quanto significativa dimostrazione.  

Il film si apre con la storia di Misho, costretto, come altri protagonisti del film, al lavoro di tassista per poter arrotondare le entrate mensili. Dopo aver accompagnato a scuola la figlia e aver visto una ragazza, poco più grande della stessa, le cui decisioni di vita sono il primo sintomo di una società avvolta da rabbia e tristezza, Misho si accinge ad un appuntamento cruciale per il destino dei suoi affari e per la sopravvivenza economica della sua famiglia. Di fronte alla bieca corruzione e alla prospettiva di essere sul lastrico per colpe non sue, Misho, di lì a poco, commetterà un omicidio.

Mentre sulle principali radio della Bulgaria, si avvia il dibattito dei cittadini che si esprimono in termini di condanna o di esaltazione nei confronti del gesto omicida di Misho, entrano in scena gli altri tassisti protagonisti del film. Nel loro peregrinare notturno, il sottofondo del vociare attorno alla vicenda di Misho, risveglia in loro, più prepotentemente del solito, il peso di affanni quotidiani, di lutti, di sogni giovanili drammaticamente interrotti, di vendette da consumare. Ognuno di loro farà salire sul taxi o incontrerà sulle strade un concittadino di Sofia con altrettanti problemi, paure, vizi e feroci convinzioni.

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Il regista, con i suoi piani sequenza interni ai taxi, racconta così, in maniera immediata, una città in crisi, i dolori silenti di un paese che pare ormai irrimediabilmente senza speranza. Alla narrazione della crisi sociale di Sofia e della Bulgaria, fa poi da contrappunto in maniera complementare e sottaciuta, la constatazione di come il cosiddetto dibattito pubblico, rappresentato dalle voci della radio, forse poco abbia a che fare con la vita e le situazioni vissute dai cittadini di Sofia. In certi frangenti, le opinioni risultano chiacchiere distanti dalle storie di vita pulsanti in ogni angolo sperduto della città e il regista, proprio fissando lo sguardo in questi angoli, suggerisce quanto sarebbe opportuno e salvifico, accorgersi e riflettere intimamente su queste storie. Salvifico quanto, con ogni probabilità, troppo tardivo, come evidenzia l’episodio finale, dove un cittadino, in procinto di incrociare fatalmente l’ultimo effetto della storia di Misho, comunica ad un religioso, ultimo tassista del film, come ogni giusta direzione sia oramai perduta.

Con questa chiusura quasi solenne, Directions si segnala come un film da vedere, un film che, nella semplicità dei suoi espedienti narrativi, fa riflettere in maniera diretta su tutto ciò che oggi ci interroga e si riversa nella vita delle strade delle città europee.

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