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Dio esiste e viva a Bruxelles – Jaco Van Dormael

“Dio esiste e vive a Bruxelles”. Comincia con queste parole l'ultimo film dell’eccentrico Jaco Van Dormael (Mr. Nobody, 2009), presentato al Biografilm Festival di Bologna in anteprima internazionale.

Benoit Poelvoorde interpreta una versione di Dio molto particolare: un uomo di mezza età, maschilista, sadico, con la pancia da birra. Ha per moglie una dea con la passione per il baseball che ormai si dedica solo alle faccende di casa e una figlia, Ea, della quale non si è parlato molto, a differenza del primogenito J.C. che è scappato sulla terra e si è fatto crocifiggere dai mortali. Il suo rapporto con la figlia è difficile, lei lo odia e un bel giorno, intrufolandosi nella grande stanza proibita, enorme archivio dell'umanità, scopre tutte le malefatte del padre. In quel momento prende la decisione di rivelare la data di morte a tutti gli esseri umani in possesso di un telefono cellulare e di fuggire sulla terra con lo scopo di trovare altri sei apostoli e scrivere un nuovo testamento che rivoluzionerà il mondo e lo renderà più giusto.

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Il film indaga sul tempo e sull'utilizzo che gli esseri umani ne fanno. Ora che l'uomo è a conoscenza della propria data di morte non avrà più bisogno di un Dio. Le persone cominciano a pensare a come occupare il tempo che gli rimane: alcuni decideranno di continuare la loro vita quotidiana, altri si concederanno ciò che hanno sempre desiderato e mai avuto il coraggio di fare.

Van Dormael dipinge la figura dell'onnipotente come un'entità malvagia che tiene per la gola l'essere umano incutendo timore e creando regole assurde che prendono ispirazione dalle celebri leggi di Murphy (“una fetta di pane e marmellata cadrà sempre dalla parte della marmellata e se non è così la marmellata è stata spalmata sul lato sbagliato”). I nuovi apostoli saranno personaggi strani e controversi: una donna con un braccio solo, un assiduo frequentatore di night club, un assassino per vocazione, un triste uomo d'affari, una donna di mezza età ricca e annoiata (Catherine Deneuve), e un bambino che vuole diventare donna. Quando Dio scenderà in Terra per cercare la figlia si rivelerà presto inerme in mezzo agli uomini che lo maltratteranno; Ea invece si dimostrerà più capace, moltiplicando i pani e camminando sulle acque, elevandosi all’altezza del fratello maggiore.

Il regista belga confeziona una commedia sopra le righe, a tratti blasfema, utilizzando uno stile eccentrico, surreale, portando sullo schermo una comicità dissacrante e divertente, rifacendosi esplicitamente alla narrazione tipica del collega francese Jean Pierre Jeunet e della sua opera più conosciuta, Il Favoloso mondo di Amélie. Ma il citazionismo di quest'opera non si esaurisce qui, si troverà un pizzico di Brazil (Terry Gilliam) e, forse per la prima volta nel cinema è citato anche l'enfant prodige Xavier Dolan: nella figura del bambino che decide di andare a scuola vestito da donna possiamo ritrovare una versione infantile di Laurence (Laurence Anyways) con tanto di slow motion, segno distintivo del giovane regista canadese.

Il film pone svariate domande esistenziali sul senso della vita, riflette sull'utilizzo del tempo, sui mali del mondo e sulla vera natura di un Dio che causa e permette le tragedie e i mali del mondo. Infine l’ultima dissacrante domanda: cosa succederebbe se Dio fosse donna? E la risposta è molto divertente e per nulla banale.

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