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Not to Disappear – Daughter

L'ultimo lavoro dei Daughter non lascia la bocca secca

A tre anni dall’acclamato If You Leave dove una rara intensità di musica e parole consacrava le abilità di Elena Tonra – ritornano sempre per la 4AD – i Daughter, trio londinese che riesce ad alternare un cantautorato di livello ad una linea di semplice dream-pop, dando vita ad una formula che ha nelle corde della Tonra la pietra focaia dalla quale si dipana una scintilla che infiamma l’intera band.

Not to Disappear non si discosta molto dal già citato If You Leave, quei toni sommessi e a tratti appena accennati del cantato, fanno a gara con chitarre in pieno stile new wave in uno scintillio di luci rarefatte che hanno la forza di illuminare un’intera stanza con il loro bagliore danzante. La scrittura dei Daughter continua a calcare sentieri intimistici e puri; sfiora i rapporti umani e crea un ponte immaginario tra sogno e realtà in uno sciame di sentimenti ronzanti.

L’ipnotico e quasi catartico inizio di Numbers grida in maniera ovattata quel contrasto di suoni, che l’intero pezzo riesce a legare tra loro; un ritmo che pare incalzare e ritornare quieto, definendo quella difficoltà di etichettare con un genere ben preciso la band londinese. Non si discosta molto da quanto appena detto Mothers, dove il crescendo della voce di Tonra diviene un suono di sirena incantatrice che lega al palo l’ascoltatore, attanagliando l’animo anche del meno sensibile tra gli uomini.

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In maniera meno poetica e più sfrontata suona invece No Care, traccia dove è il sound più che la voce il protagonista della scena; una galoppata alt-rock che fa vibrare tutti coloro che fino a quel momento si aspettavano un disco troppo piatto e poco altisonante. Ma è sempre l’emotività sia canora che musicale la scelta prediletta dei Daughter; a testimoniare quanto dichiarato ci pensano tracce come Doing the Right Thing o How dove la vena cupa e malinconica della band incendia strade e palazzi, inebriando l’aria di un’ombra scura densa di tristi ricordi. I Daughter mantengono quindi la loro rotta che li ha contraddistinti fin dall’esordio. Mettono insieme dei chiaroscuri ben riconoscibili che la voce di Elena Tonra mescola in un continuum di dolce essenza vissuta, sperata o forse solo sognata.

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