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Colombre @Arci Ohibò

La perla sulla lingua: Colombre

Dino Buzzati, finissimo scrittore e giornalista italiano della seconda metà del Novecento, è diventato famoso, oltre che per la sua grazia e cura certosina nel selezionare le parole, per aver costruito storie inquietanti e paradossali, spesso tramutatesi in racconti (racconti, così rari nella nostra letteratura!) che, spesso e volentieri, hanno per protagonista indiscussa l’attesa. Stiamo parlando non soltanto dell’immortale Il deserto dei Tartari ma anche e soprattutto del racconto Il colombre, da cui prende il nome proprio Colombre, al secolo Giovanni Imparato. Lo stesso Colombre è uscito poche settimane fa con il suo disco d’esordio, Pulviscolo (un’altra parola molto letterario, un po’, direbbero gli esperti, in limine alla stregua dei Trucioli di Camillo Sbarbaro), e perciò grande era la curiosità di vederlo e sentirlo dal vivo a Milano, sabato 15 aprile, all’Arci Ohibò. L’evento, ancora una volta organizzato da quegli “scrutatori degli abissi” che rispondono al nome della balotta di Sherpa Records hanno visto giusto: il concerto dell’altra sera si segnala già, senza ombra di dubbio, come uno dei più bei live della stagione, confermando la bontà di Pulviscolo, che si attesta già saldamente come uno dei dischi più significativi del 2017.

Ma di cosa è fatto un concerto di Colombre? Verrebbe facile da rispondere di “pulviscolo”, nel senso che il gusto particellare per la cosa minuta eppure messa al posto giusto, per l’intarsio gentile ma che non si scorda, è parte essenziale del modo di concepire la musica di Giovanni Imparato. E questo stile lo si comprende ancora meglio ascoltandolo dal vivo, accompagnato per l’occasione da una band d’eccezione, con alle chitarre e alle tastiere Alfredo dal Portone, alla batteria Daniele Marzi e al basso (il bravissimo) Lorenzo Pizzorno. Ma dicevamo della “filosofia delle piccole cose”, e per fare un esempio concreto di ciò non si può non citare il pezzo Fuoritempo. Il brano, anche e soprattutto nella sua versione live, è una canzone pop praticamente perfetta, in cui a un ritornello-killer che non può non rimanere stampato nella memoria, si inserisce un comparto ritmico importante eppure non grossolano, in cui ogni elemento, dal cantato al suonato sono posti nel posto giusto. Everything in its Right Place.

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Tuttavia, l’esibizione dal vivo svela anche altre cose, e trattandosi comunque di mostri marini e storie surreali (seguendo il fil rouge del racconto di Buzzati), anche inaspettate. Già, perché se uno si fosse limitato all’ascolto “su disco” di Pulviscolo non avrebbe mai e poi mai potuto intuire l’assoluta perizia dello stare sul palco di Colombre. Sempre guidato da una ferrea volontà di non strafare e di non sbavare i contorni della propria arte, Colombre, lungi dal volersi trattenere o non concedersi fino in fondo, letteralmente impera sopra il palco, con movenze, sguardi e spostamenti che arrivano sempre nel momento giusto. Sveglia e Bugiardo, per come sono state realizzate nel concerto milanese, potrebbero fare scuola e bella mostra di loro in un ipotetico manuale, o meglio sussidiario, del “giovane cantautore contemporaneo”.

Poi certo, è indubbio che i pezzi da Novanta dell’intero album, dall’imprescindibile Blatte alla stessa title-track sino a Deserto, la canzone che chiude l’LP, sono delle vere e proprie bombe a mano deflagrate con potenza chirurgica all’Ohibò; ma la cosa che più si serberà nella memoria dell’inedita serata musicale milanese pre-Pasquale, è la consapevolezza di aver assistito a una sorta di tesi di laurea su cosa sia la dolce possanza tradotta in musica: ovvero realizzare canzoni, delicate, segrete e rilucenti come perle che stanno sulla lingua di un mostro marino. E soltanto andando in fondo, negli abissi si può fare ciò: quindi bisogna porre attenzione all’ossigeno e non strafare. Ma questo Colombre lo sa e con lui tutti i mostri dei sette mari.

Arci Ohibò, Milano – 15 aprile 2017

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