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World Press Photo 2013 @ Milano

Anche quest’anno la Galleria Sozzani ospita il World Press Photo, il prestigioso Premio di fotogiornalismo che da oltre cinquant’anni raccoglie i migliori scatti inviati da quotidiani, riviste, giornalisti e agenzie di tutto il mondo.

Nel solito ambiente piuttosto angusto trovano spazio un’ottantina di foto, suddivise per categorie (Vita Quotidiana, Protagonisti dell’attualità, Spot News, Notizie generali, Natura, Storie d’attualità, Arte e spettacolo, Ritratti, Sport), accompagnate da didascalie che aiutano a comprendere meglio le scene fotografate e danno giusta gloria ai 54 fotografi, i demiurghi di cotanta arte visiva ed emotiva. Didascalie spesso molto sacrificate nella posizione, che costringono i visitatori a pieghe innaturali e accavallamenti per poterle leggere. Novità di quest’anno l’app per smartphone, che si può scaricare per seguire in modo guidato la mostra.

Gli scatti del World Press Photo raccontano persone ed eventi sociali, politici, sportivi e naturalistici di ogni parte del globo. Misurano la temperatura del pianeta, il suo stato di salute, il suo stato di pacificazione. E quest’anno, a giudicare dalle foto, si ha l’impressione di vivere in un mondo in fibrillazione. Mai come quest’anno infatti la selezione presenta scene violente, truci, drammatiche. Guerra e povertà dominano lo sguardo dei fotografi che testimoniano, fedeli, i fatti dell’anno.

Vince lo scatto di un funerale nella striscia di Gaza, nel quale un gruppo di palestinesi porta in braccio i cadaveri di due bambini di due anni. Oltre al conflitto che dilania da decenni Israele e i suoi confini, molti scatti sono dedicati al conflitto in Siria. Altri al Sudan e ai disordini civili, al dopo terremoto in Giappone, alle slum di Rio de Janeiro, all’Afghanistan, alle periferie newyorkesi, e a molto altro. Alcuni scatti impressionanti raffigurano persone malate, altri donne sfigurate con l’acido. A sollevare un po’ l’atmosfera particolarmente cupa, ci pensa qualche scatto sportivo e qualche altro dedicato alla natura. Ma il percorso fotografico, e umano al tempo stesso, risulta particolarmente pesante.

Se il mondo non è in stato di guerra, non può certo dirsi di essere in pace. In molti angoli del pianeta si combatte per la vita e per la morte e, mentre i pochi ricchi si leccano le ferite della bolla finanziaria, l’altra parte della terra continua a cercare la via per sopravvivere.

La fotografia è testimone di tutto questo. Ci aiuta a ricordare quello che succede non lontano da noi. Ci aiuta a ridimensionare le nostre difficoltà quotidiane. Ci aiuta a sentire sulla nostra pelle di spettatori la drammaticità di molte storie personali. Ci aiuta a sentirci uomini, tra gli uomini. Deboli, imperfetti e molte volte drammaticamente egocentrici.


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