Foto ©Compagnia Lombardi-Tiezzi

Alla ricerca della giovinezza perduta

'Il ritorno di Casanova' di Lombardi-Tiezzi

Processo duro da digerire quello dell’invecchiamento. Lo si può accettare senza batter ciglio o tentare qualche breve fuga, spesso deleteria. La situazione, tuttavia, si complica se ti chiami Giacomo Casanova e il tuo nome è divenuto nel corso degli anni sinonimo di libertino e seduttore. In questo caso l’istinto non può essere placato così facilmente: basta troppo poco per farlo risvegliare e ancor meno, però, per far crollare tutte le certezze accumulate in avventurosi decenni in giro per l’Europa.

Questa decadenza fisica e psichica è ottimamente raccontata ne Il ritorno di Casanova (1918), romanzo breve di Arthur Schnitzler che crea, grazie alla figura dell’avventuriero veneziano, un parallelismo con la sua terra di provenienza: quell’Impero austro-ungarico che di lì a poco si sarebbe sgretolato a seguito della Grande Guerra. Ma la componente più interessante dell’opera di Schnitzler rimane senza dubbio la profondità psicologica conferita al suo personaggio e restituita perfettamente in questo riadattamento dell’ormai storica Compagnia Lombardi-Tiezzi (già Il Carrozzone, poi Magazzini Criminali) fondato sul monologo interiore del protagonista.

Candelabri delimitano una scena composta da una coppia di sedie, un tavolo rotondo, uno specchio, qualche libro e carte da gioco. In questo ambiente settecentesco-decadente, ecco apparire un decrepito e ansimante Giacomo Casanova (Sandro Lombardi). Il volto dipinto di bianco risalta i segni impietosi del tempo, mentre la sua marsina nera lascia inalterata la sua eleganza. Un gioco di contrasti che andrà sempre più ampliandosi nel corso della pièce. A scrutarlo c’è un inquietante personaggio mascherato (Alessandro Marini), un interlocutore invisibile, un riflesso della mente del protagonista.

Foto ©Compagnia Lombardi-Tiezzi

Casanova-Lombardi torna, con il suo accorato ricordo, ai suoi cinquantatré anni, momento in cui decide di accantonare le proprie avventure per tornare nella sua amata Venezia. Ma la via del ritorno riserva sorprese e tentazioni non aspettate. A Mantova, infatti, il seduttore incontra due vecchi amici e soprattutto la loro figlia – Marcolina – che, nonostante il suo sguardo indifferente e severo, riaccenderà i vecchi ardori del protagonista. Un piano abilmente congeniato a spese dell’amante di lei – il sottotenente Lorenzi – gli permette di passare la notte con l’oggetto del suo desiderio, ma questo tentativo di ribellione alle leggi della natura sancirà linizio della sua fine.

Un continuo dialogo/scontro tra Amore (inseguito) e Morte (esorcizzata), in cui l’attaccamento al passato e il rifiuto della modernità è ricalcato dalla prova da Grande Attore di Lombardi, fatta di eleganti modulazioni vocali e cliché degni del Prontuario delle pose sceniche di Alamanno Morelli. Meno efficace, invece, la prova di Marini che, tolta la maschera per interpretare il ruolo del sottotenente – rompendo temporaneamente il monologo interiore – risulta troppo solenne e ampolloso per creare quel contrasto generazionale risolto solo a livello fisico e drammaturgico.

Foto ©Compagnia Lombardi-Tiezzi

Uno spettacolo in cui rimpianti giovanili e slanci virili lottano con l’evidente declino che la vita, democraticamente, riserva a tutti. Istinto e razionalità si ribaltano senza tregua per lasciare spazio, finalmente, a quella decadenza, accettata solo dopo aver ricevuto un’ultima scottatura. Daltronde le debolezze sono sempre le ultime ad abbandonarci.

Ascolto consigliato

Teatro Kismet, Bari – 27 febbraio 2016

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