Orgia – Licia Lanera (foto di scena ©Luigi Laselva)

Il piacere dell’Orgia nel teatro di Licia Lanera

Ma Pasolini è proprio necessario?

Breve ma intensa. L’attività teatrale di Pier Paolo Pasolini si “consuma” fondamentalmente in pochi anni – dal 1966 al 1967 – periodo in cui, complice un’ulcera e la susseguente convalescenza, il profetico scrittore compose sei tragedie. Ma il risultato di questa fervente attività drammaturgica fu un clamoroso insuccesso, sancito sia dal pubblico che dalla critica, forse non ancora pronti ad accogliere le provocazioni di quel “teatro di parola”, in cui il principale destinatario era proprio il nemico contro cui polemizzava: la borghesia che va a teatro.

Troppo avanti per i suoi tempi, certo, ma siamo sicuri che la sua voce sia ancora così attuale anche nei nostri giorni? Complice il quarantennale dalla sua scomparsa, celebrato lo scorso anno, abbiamo assistito a una vera e propria inondazione delle sue opere, a teatro e nelle altre arti. Forse è stata calcata un po’ troppo la mano, ma il fascino emanato dal poeta, quello sì, è indubbiamente senza tempo. A testimoniarlo, ancora una volta, c’è la scelta dei Teatri di Bari di affidare l’apertura della sua seconda stagione a Orgia, tragedia pasoliniana e ultima produzione targata Fibre Parallele.

Foto di scena. ©Luigi Laselva

Foto di scena. ©Luigi Laselva

Un prologo e sei episodi, tutto rigorosamente scritto in versi, in cui la parola mai doma, ossessiva e ossessionante è il cardine su cui si fonda e si esplicita il dramma dell’alienazione, dell’emarginazione sociale o sessuale, in quello che è uno dei testi drammaturgici più autobiografici di Pasolini. In esso dà vita alla contraddizione di un Uomo e una Donna, «piccoli borghesi nel sogno che è il bene, di giorno, reprobi, nella realtà che è il male di notte». Nel loro appartamento si esaurisce l’ultima, disperata e sadica azione necessaria per liberarsi dalla schiavitù omologante della normalità.

Dal palco viene delimitato un quadrato con le luci (Vincent Longuemare), al centro di esso c’è una poltrona e sugli angoli anteriori sono posti due microfoni. Una scena essenziale sulla quale vengono “calate” via via dallealto delle tele (Lorrain, Caravaggio, Furini), espedienti per evocare paesaggi di un passato che riemerge e per creare immagini teatrali squisitamente poetiche. In questo box, Licia Lanera fonde i ruoli dell’Uomo e della Donna in un unico corpo, possiede e si fa possedere dal testo di Pasolini senza risparmiarsi, conducendo un percorso di annichilimento che coinvolge il proprio corpo, la propria voce e la propria anima.

Uno spettacolo di elevata qualità, frutto di una regia lucida (Lanera) e di un’interpretazione che mette in rilievo la versatilità della Lanera, oltre al suo indiscusso talento attoriale. Ma, tornando al discorso iniziale, a chi si rivolge questo testo? La gestualità, il tono – sarcastico dell’Uomo, dimesso della Donna –, l’abbigliamento e le incursione del funambolico flow di Eminem tendono ad attualizzare, in questo spettacolo, una drammaturgia che sentiamo comunque troppo lontana.

Foto di scena. ©Luigi Laselva

Ma non è il testo ostico o l’uso di una lingua quasi “elitaria” a renderla distante, bensì lo spettro del suo autore che aleggia in ogni parola, la sua battaglia condotta e ormai terminata e con essa la volontà di scandalizzare qualcuno o qualcosa che ormai non esiste più. “The Times They Are a-Changin’” canta il novello Premio Nobel Bob Dylan. Un’affermazione e una sentenza che non fa sconti, nemmeno per una delle figure più importanti e influenti della cultura italiana del Novecento.

E allora, ben venga la lettura e la rilettura dei suoi testi, studiamolo, traiamo ispirazione dalla sua opera, senza dimenticare che Pasolini è morto, la borghesia è morta e, se continuiamo a evocarlo e a chiamarlo in causa con questa frequenza, forse, in fondo, lo siamo anche noi.

 

Letture consigliate:
• Quando l’eredità pasoliniana si fa esercizio di stile. Il Calderon di Lombardi/Tiezzi, di Laura Marano
• Petrolio: il buco nero dell’Ideologia. ‘Is, Is Oil’ di Adriatico/Teatri di Vita, di Giulio Sonno
• Saponaro e il ‘Calderón’ di Pasolini: un’eredità difficile da tradire, di Laura Marano
• PasoliniMania: Latella-Dalisi e il tributo stanco di ‘MA’, di Nicola Delnero
• Porcile, o il fango della borghesia – Valerio Binasco, di Daniel Montigiani
• Il dolore all’improvviso: vergognoso e straziante ‘Bastard Sunday’ di Cosimi, di Giulio Sonno
• Siamo tutti in pericolo – Daniele Salvo, di Sarah Curati
• Tutti i padri vogliono far morire i loro figli – CK Teatro, di Nicola Delnero
• XXX Pasolini – Fabio Massimo Franceschelli, di Sarah Curati

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