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Manuale Distruzione – Mariantonia Capriglione

“Please Let Me Get What I Want This Time” cantavano gli Smiths. Un brano perfetto, forse il migliore composto dalla band di Manchester, che nella sua brevità ed essenzialità lascia al tappeto come un gancio improvviso sferrato da Muhammad Ali. “Un velocissimo pugno in faccia”, proprio così la definì Morrissey a chi, il giorno in cui la presentarono alla Rough Trade, chiedeva dove fosse il resto della canzone.

Morrissey e John Marr, però, andarono contro le regole, infischiandosene allegramente dei canoni, e alla fine ebbero ragione. Era il “lontano” 1984. Oggi, invece, è realmente possibile andare contro i canoni imposti? Che si parli di musica, teatro, cinema o vita, nell'attuale società la risposta sembrerebbe essere negativa, e se consideriamo queste ultime tre categorie, la bellezza fisica sta diventando sempre più una qualità imprescindibile. Questo lo sa bene la protagonista della pièce (Mariantonia Capriglione), un'aspirante attrice senza il physique du rôle intimato da un sistema in cui anche per interpretare il ruolo di una badante in una produzione di bassa lega è richiesta una prestanza fisica fuori dal comune. Il brano degli Smiths – leitmotiv dell'opera – diventa una sorta di preghiera che accompagnerà il suo obiettivo: essere bella per coronare il suo sogno.

Giacché ci siamo, rimaniamo in tema musicale. La struttura dello spettacolo può essere paragonato al brano dei Beatles Happiness Is a Warm Gun: tre differenti parti e stili, tre differenti linee narrative che convergono verso un'unica direzione. Nella prima l'attrice sfonda la quarta parete e, in un'operazione di metateatro, introduce lo spettatore nel suo fragile mondo fatto d'incertezze; il pubblico è coinvolto, chiamato in causa, trasformato in “SpettAttore”. Nella seconda ci mostra il suo approdo a Roma e lo studio in Accademia: il clima è frizzante, gioioso e a tratti spassoso, ma prenderà una piega decisamente differente nell'ultima parte.

I sogni di gloria stanno per infrangersi e non per mancanza di talento o d'impegno. Alla protagonista manca l'unico biglietto da visita che conta: la bellezza. Lei non demorde e pur di arrivare al suo obiettivo è pronta a tutto, anche a “buttare nel cesso la dignità e provare a reinventarsi”. Da quel momento due dita diventeranno le sue migliori amiche, ma la finalità di raggiungere un traguardo, la porterà sostanzialmente a vivere un incosciente incubo.

In Manuale Distruzione Mariantonia Capriglione e il regista Raffaele Romita ci introiettano in uno dei più delicati e diffusi disturbi psicologici dell'ultimo ventennio: la bulimia nervosa. La scena è scarnificata, c'è solo l’attrice con la sua espressività, l'innocenza e il peso di un sogno che la porterà all'autodistruzione psico-fisica. Ma tanto basta per farci capire l'evidente ipocrisia della nostra società, tema tanto caro alla nuova drammaturgia che proprio nelle debolezze e nelle contraddizioni del nostro occidente trae linfa vitale. I tempi degli Smiths sono lontani, il “Good Time for a Change”, oggi, non promette nulla di buono.

– In scena al Teatro Due in occasione di “DOIT festival” il 5 e 6 maggio 2015 –
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