Il Paziente – Madame Rebine

Il Paziente – Madame Rebiné

Negli ultimi tempi in questo paese la parola crisi ha riempito la bocca di tanti, forse troppi, fomentando con una certa facilità disfattismi e piagnistei. Ma, alla fin fine, quanto ci sta costando questa indigestione di malumore? Una volta il proverbio recitava: “La bellezza è negli occhi di chi la guarda”; cosa ne è stato?

In quel bizzarro crogiuolo di lamentele che è la Capitale, questi giorni torna in scena Il Paziente di Madame Rebiné. A un primo sguardo qualcuno potrebbe liquidare lo spettacolo come divertente ed eterogenea miscela di sketch comico-circensi, ma, giacché a innescare l’azione è proprio uno strano maldipancia, proviamo piuttosto a seguire il proverbio; e chissà che da questa viscosa clownerie non emerga qualcosa di più.

Sul consueto pavimento a scacchi della compagnia, troviamo un arzillo vecchietto (Alessio Pollutri, dietro una maschera iperrealistica) su un letto di ospedale, intento a sfumacchiare di soppiatto una sigaretta. Quand’ecco che tra una prestidigitazione e un numero di giocoleria fanno il loro ingresso un medico (Andrea Brunetto) e un’infermiera (Max Pederzoli), i quali dopo qualche capriola si preparano a un’inconsueta colonscopia: i due infatti incerti dei risultati mostrati – in proiezione – dalla sonda, si avventurano in un’esplorazione letteralmente intestina. Risultato dell’analisi? Lo stomaco dell’anziano è pieno di fiori, bisogna operare. E così, dopo un intervento chirurgico a ritmo di esilarante beatbox, il paziente finalmente sollevato da quei colori nascosti rimastigli di traverso si librerà in un poetica vertigine su trapezio, oscillando fra il peso degli anni e la leggerezza di quei sogni liberati.

A volte, insomma, basta guardare. Lo scena è lì, davanti agli occhi: tutto sta a resistere alla tentazione del giudizio immediato o del facile incasellamento; e poi magari da uno spettacolo di matrice circense può emergere in sottotraccia qualcosa di più, come un richiamo “sociale” alla clownterapia, o per meglio dire alla profonda necessità di riconquistare un po’ di ironia e di meraviglia nel vivere quotidiano. Va tutto così storto? Probabilmente no.

In quella fucina anticonvenzionale di liberi sguardi che sono le Carrozzerie n.o.t, ad esempio, il pubblico – felicemente eterogeneo – non si distrae un istante: non uno scricchiolio di sedie, un colpo di tosse o un commento bisbigliato; tutti sono lì, pronti a rispondere con risa sincere alle scenette comiche, o silenziosi e attenti, invece, quando l’atmosfera cambia di umore.

Così, mentre le piazze assai poco critiche dei social network si intasano di sterili polemiche, la direzione artistica di Francesco Montagna e Maura Teofili risponde, tacitamente e trasversalmente, con uno spettacolo sincero e genuino che, pur nella sua magmaticità di espedienti, traccia il segno di una preziosa e per nulla banale leggerezza. Chissà che a coltivare di questi frutti, insieme alla vista, non migliori anche il paesaggio!

Carrozzerie n.o.t, Roma – 29 gennaio 2015

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